02/07/2019
Ieri, oggi e domani

L'Osservatorio Informazione giudiziaria Media e processo penale dell'UCPI interviene sul caso della Sea Watch.
 

Il caso della Sea Watch è emblematico.

Abbiamo assistito in questi giorni ad un processo mediatico puro, al netto di violazioni del segreto istruttorio, intercettazioni telefoniche pubblicate o recitate, anticipazioni di informative, fake news e quant’altro siamo ormai abituati a sorbirci, con escalation di mezzi e risultati, da qualche anno a questa parte.

Abbiamo seguito il fatto in diretta, visto la nave, controllato il suo tragitto attraverso maps degne della Coppa America, assistito alla tempestiva iscrizione del Capitano Rackete nel registro notizie di reato, sentito e visto le sue spontanee dichiarazioni, le sue dichiarazioni di intento, le sue giustificazioni.

Abbiamo conosciuto le diffide governative, appreso da sedicenti esperti e consulenti, nozioni di diritto della navigazione, di diritto internazionale e penale.

E già in quel momento la Giuria popolare si divideva tra colpevolisti ed innocentisti, in base al proprio credo politico, per poi cercar nelle leggi, ragione delle proprie apodittiche convinzioni, mettendo in secondo piano sensibilità e umanità da un lato, gridando al fascismo dall’altra nel considerare i gesti dei Capitano Rackete una vera e propria battaglia per i diritti civili.

E via con i Social e i messaggi degli Haters, come al solito ricolmi d’odio, via con i richiami, i paragoni tra un processo penale e l’altro in cui esponenti politici delle avverse fazioni sono implicati, con l’intento di delegittimare, annichilire, zittire ogni contraria opinione.

Ma soprattutto abbiamo visto l’attracco della Sea Watch a Lampedusa, alle due del mattino, ed assistito all’arresto del malvagio pirata che per la necessità di salvare poco più di una quarantina di vite sbagliate, ha dapprima forzato il blocco navale e poi rischiato di speronare una motovedetta della Guardia di Finanza che le voleva impedire il contatto con la terra ferma.

Al di là delle interessantissime questioni giuridiche che accompagnano questo caso, la prima cosa che ci va di registrare sono le offese, la gogna a cui è stata sottoposta questa persona, il crescendo delle grida e delle ingiurie che le sono state rivolte, i cori “in manette, in manette” trasformatisi  in  applausi scroscianti durante il suo arresto.

Malgrado le leggi attuali, che divietano di filmare gli arresti, le persone in manette ovvero recluse, per evitare scene incivili e degradanti per l’onore del nostro paese, pare non sia cambiato nulla dai tempi della gogna a cui fu sottoposto Enzo Tortora, dai tempi di mani pulite in cui venivano divulgati i filmati di arresti eccellenti.

Sembra che non valgano a nulla le disposizioni contenute dall’art. 25 del codice per la protezione dei dati personali, l’art. 8 del codice deontologico dei giornalisti, il provvedimento dell’autorità di garanzia dei dati personali e neppure le sentenze della Cedu (Sciacca contro Italia) che condannano il nostro paese per la diffusione di foto segnaletiche.

Nel preciso momento in cui gira una circolare emessa da un famoso Procuratore della Repubblica che impone cura delle condizioni di efficace tutela della dignità delle persone sottoposte ad indagini ovvero comunque coinvolte in un procedimento penale con particolare attenzione ai casi in cui la persona versi in condizioni di vulnerabilità, come nel caso in cui sia privata della libertà personale, proprio la foto segnaletica di Carola viene diramata sui media e sui social.

E in questo caso, ancor tutto da decifrare, la gente esulta, quasi chè l’arresto della ragazza, fosse un toccasana per le proprie quotidiane sofferenze.

La gente urla: “Vogliamo le manette!”, applaude quando lei viene esposta per un paio di minuti ai flash dei fotografi, prima di essere accompagnata con le mani sulla testa dentro l’abitacolo della vettura della polizia giudiziaria.

Ebbene, quel video, quelle immagini, al di là delle azioni compiute dal Capitano Hackete, sono illegittime, desolanti e costituiscono la sintesi perfetta di un paese ormai fondato sulla barbarie della gogna mediatica e della giustizia spettacolo.

L'Osservatorio Informazione giudiziaria Media e processo penale UCPI

Roma, 2 luglio 2019

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