Dalla piana di Troia alla Plaza de toros. La dimensione epica della difesa - di Ezio Menzione - luglio 2014

Dalla piana di Troia alla Plaza de toros. La dimensione epica della difesa.
di Ezio Menzione

Una riflessione a margine di un evento formativo svoltosi nel giugno scorso a Pisa dal titolo “Lo spazio della difesa”, cui parteciparono il Prof.Avv.Salvatore Salidu e il nostro Vinicio Nardo.
 

Lo spazio dell’avvocato è lo spazio dell’epica.
E’ la piana dinanzi alle porte Scee di fronte a Troia destinata a cadere.
E’ la discesa agli inferi di Enea, per conoscere il destino della sua civiltà, quando tutto alle sue spalle è stato distrutto.
E’ la pretesa di Napoleone di dare razionalità al mondo intero.
Il nostro lavoro è, tutti i giorni, una corrida nella Maestranza di Siviglia. Certe volte purtroppo è la morte nel pomeriggio.


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Achille ed Ettore piangono prima di affrontarsi.
Achille invoca la madre per vendicare Patroclo.
Ettore piange nel dire addio alla moglie e al figlioletto. Sa che può anche morire, che quasi certamente perirà, perché la partita è truccata, perché Achille è semidio ed ha dei più potenti che lo proteggono.
Piange, ma non per paura. Anzi, affronta lo scontro come se le armi fossero pari. Morirà, ma avrà ristabilito le regole e Troia, la sua città, ancora per molti anni sarà salva.
Achille vince ma tutti sanno, e anche lui lo sa, che è per la protezione di sua madre e sa anche che la sua vittoria lo salverà per poco.
Ugualmente, il difensore combatte anche quando sa che le carte sono truccate, che gli “dei” stanno dalla parte dell’accusa e la aiutano in mille modi, anche rendendosi subdolamente invisibili pur di stare accanto al loro protetto.
Il difensore accetta la sfida frontale, uno a uno, spesso emotivamente gli pare quasi che non ce la farà e vacilla, ma poi combatte nella convinzione che può anche perdere un processo, ma contribuirà a dare dignità e speranza a chi viene dopo.


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Enea non sa cosa sarà di sé e dei suoi pochi seguaci.
Per saperlo deve scendere agli inferi e, approdato sulle spiagge campane, senza esitazione varca le soglie dell’Averno.
Per conoscere una società, potercisi misurare e poter costruirne una nuova, occorre non avere paura di confrontarsi con il lato più oscuro dell’uomo.
Il difensore – e solo il difensore – sa cosa è il crimine e cosa lo origina. Sa anche quante lacrime spesso stanno dietro il male e lui, solo, individua quell’unico barlume da perseguire se si vuole ridonare dignità all’individuo.
L’accusa a quel barlume è tutt’altro che interessata. Il giudice si limita a bilanciare, compensare, risarcire: operazioni fredde quando è in buona fede; ma più spesso improntate all’infierire.


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È lo spazio epico delle conquiste napoleoniche, ed anche della ritirata di Russia. Poiché talora (spesso?) tutto sembra bruciare intorno a noi e allo stesso tempo raggelarsi.
Ma l’idea di un codice moderno, che soppiantava l’arbitrio precedente, fu forse l’unica cosa che sopravvisse a quella disfatta.
E solo i difensori, che tentano – ancora oggi a più di due secoli di distanza – ogni giorno di recuperare la razionalità di quei principi che seppellirono una giustizia che non poteva più portare quel nome, sono gli unici eredi di quei lumi e di quella ragione.


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Al mattino ci vestiamo mettendoci la toga, alcuni vanno anche in chiesa di buon’ora se hanno un processo importante ( a chiedere illuminazione, credo, più che protezione), poi, esauriti mille riti (ognuno ha i propri) si gettano nell’arena, il processo, l’udienza.
Il toro è molto più poderoso del torero, ma gli manca una cosa: la grazia. La leggerezza con cui si scansano i colpi o se ne infliggono al toro. Questa leggerezza, questa grazia è fatta anche di regole ben collaudate. Ma – ammettiamolo – talora anche di un lievissimo, ma intelligente, scarto da queste regole. Il torero bravo e coraggioso sa che comunque non ci si può scoprire troppo; solo quell’attimo necessario per “matare” un essere più grande di lui.
Talora – nei processi importanti avviene sempre nel pomeriggio, lo avete notato? – il torero viene infilzato dal bestione infuriato. Se ha toreato male nessuno lo degna di uno sguardo. Ma se ha toreato bene, con grazia e intelligenza, il suo corpo viene portato fuori ugualmente in trionfo.