Osservatorio Misure Patrimoniali e di prevenzione.

L’UCPI è in prima linea nell’affrontare e contrastare la deriva autoritaria rappresentata dal sistema delle misure di prevenzione che, unitamente al continuo ampliamento di nuove confische, ha oramai determinato un sistema sanzionatorio parallelo, applicato all’interno di procedure tipicamente inquisitorie. In tale ambito, è anche necessario monitorare le nuove strutture – veri e propri centri di potere – di amministrazione giudiziaria dei beni oggetto di ablazione.



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08/04/2024

Osservatorio Misure Patrimoniali e di Prevenzione: nota alla sentenza della Cassazione 44214/23

L'Osservatorio Misure Patrimoniali e di Prevenzione segnala, con una nota a cura di Federico Papa, una recente sentenza della Corte di Cassazione.

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Novitą Legislative

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Novitą Giurisprudenziali

  Deposito Sentenza n. 178 Corte Costituzionale 31 luglio u.s.

La Corte Costituzionale, con la Sentenza n. 178 del 6 luglio 2021, depositata il 31 luglio 2021,  ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 67, comma 8, codice antimafia, nella parte in cui equipara gli effetti interdittivi previsti per la condanna di un reato previsto nella classe di cui all’art. 51, comma 3-bis, c.p.p. o per l’applicazione di una misura di prevenzione personale, alla condanna per i reati di truffa aggravata ai danni dello Stato e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Il decreto legge 113/18, convertito nella legge 132/18, di modifica dell’art. 67, comma 8. d.lgs. 159/11 aveva esteso automaticamente gli effetti interdittivi previsti dai commi 1, 2 e 4 dell’articolo 67 stesso alle condanne – confermate in grado di appello - per i delitti di truffa aggravata ai danni dello Stato e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, affiancandole alle ipotesi-presupposto già presenti, costituite dall’applicazione con provvedimento definitivo di una misura di prevenzione personale qualificata e dalla condanna nel doppio grado di merito per uno dei delitti previsti nel catalogo dell’art. 51, comma 3-bis, c.p.p.

La Corte Costituzionale, nella Sentenza appena depositata, evidenzia che gli effetti interdittivi della comunicazione antimafia derivano dall’applicazione di una misura di prevenzione personale e dalla condanna, pur non definitiva, per uno dei reati inseriti nel contenitore del 51, comma 3-bis, c.p.p., i quali <>, tant’è che essi attribuiscono <>, in ragione della complessità di accertamento di fattispecie che <>.

Gli stessi connotati – prosegue la Corte – non costituiscono il corredo genetico del 640-bis c.p., il quale <>.

Far dunque derivare automaticamente effetti di incapacitazione giuridica dalla condanna per il delitto in esame appare “non proporzionato” ai caratteri del reato e allo scopo di contrasto delle associazioni criminali, da cui il conflitto con l’articolo 3 della Carta.

Inoltre, la estensione di tali effetti interdittivi <>, derivandone altresì il contrasto con l’articolo 41 della Costituzione.

Come conseguenza della dichiarazione di illegittimità costituzionale del delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche discende quella del  delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato, per il quale i profili di irragionevolezza e sproporzione – evidenzia la Corte -  risultano ancora più enfatizzati, considerato il limite edittale di pena sensibilmente più basso di quello del 640-bis c.p.

 


  Revoca o incidente di esecuzione?

Nota a ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite della questione inerente agli effetti della pronuncia della Corte costituzionale 24 gennaio 2019, (Cassazione penale, Sez. I, ordinanza 16 giugno 2021, n. 23547)

Il servizio novità della Corte di cassazione ha emesso un’informazione provvisoria in tema di misure di prevenzione patrimoniali, secondo cui, a seguito della camera di consiglio del 4 giugno u.s., la prima sezione della Corte stessa, ha rimesso il ricorso alle Sezioni unite, affinché dirimano la controversa questione inerente al rimedio esperibile avverso le confische applicate in conseguenza di norma dichiarata incostituzionale.

In particolare, il ricorso fa riferimento agli effetti della pronuncia della Corte Costituzionale n. 24 del 24 gennaio 2019, che ha, come noto, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, lett. a), D.Lgs. 159/11, offrendo nel contempo un’interpretazione sui margini applicativi della successiva lett. b).

Il contrasto, intervenuto tra la sezione prima e la sezione sesta della Corte di cassazione, riguarda la scelta dello strumento adottabile per adeguare il giudicato alla sopravvenuta eliminazione della norma dall’ordinamento.

La sezione prima della Corte ritiene che il mezzo sia quello della revocazione ex art. 28 D.Lgs. 159/2011 perchè esso esaurisce nella fase di esecuzione <>, mentre il riferimento all’incidente di esecuzione, ex art. 666 e ss. c.p.p., integra le disposizioni del codice antimafia esclusivamente per la fase di cognizione, ex art. 7, comma 9, D. Lgs. 159/2011.

Di contro, la sezione sesta della Corte ritiene che lo strumento sia quello del procedimento di esecuzione previsto dal codice di rito, poichè l’adeguamento del giudicato in conseguenza di una pronuncia di illegittimità costituzionale non rientra tra le ipotesi individuate dall’art. 28 D.Lgs. 159/2011, la cui applicazione è altresì limitata sul piano operativo dalla necessaria azionabilità entro i sei mesi dalla verifica della condizione che la legittima.

Per di più – sostiene sempre la Corte - l’eventuale utilizzo dell’istituto della revocazione sarebbe destinato a sfociare in percorsi processuali differenti ove si tratti di misura personale e reale, con rischio ulteriore di contrasti di tipo valutativo.



Questioni di legittimitą costituzionale

  Art. 67_comma 7_codice antimafia

La prima sezione del T.a.r. Friuli-Venezia Giulia, ha sollevato questione di costituzionalità dell’art. 67, co. 8, del d. lgs. n. 159/2011 per violazione, tra l’altro, dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, ove viene previsto che gli effetti automaticamente interdittivi all’ottenimento di "altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati" conseguono alla condanna, anche non irrevocabile, per il reato di cui all’art. 640-bis c.p.

 

La questione è fissata per l’udienza pubblica del 6 luglio 2021.

Per una disamina più approfondita, si può leggere il commento di Marcello Fattore, componente dell’Osservatorio misure patrimoniali e di prevenzione Leggi qui


  Art. 73_Codice Antimafia

Questione di legittimità costituzionale dell’art. 73 codice antimafia

          Con l’ordinanza n. 33749 del 17 maggio 2021, la sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha sollevato d’ufficio questione di legittimità costituzionale dell’art. 73 d. lgs. 159/2011 (cd. codice antimafia) inerente al reato di guida senza patente – o con patente negata, sospesa, revocata – commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo a misura di prevenzione personale.

          La Corte ha osservato in modo tranciante che la costruzione della fattispecie sospetta d’incostituzionalità poggia il suo disvalore in modo esclusivo sulle qualità personali dell’agente – l’essere appunto sottoposto a misura di prevenzione personale – posto che la guida senza patente commessa da qualsiasi persona non costituisce reato.

          Osserva, inoltre, la Corte che tale condizione non interferisce in alcun modo con la condotta posta in essere – nel senso che di per se stessa la qualità soggettiva in esame non determina alcun aumento del rischio per la sicurezza stradale dei consociati, contrastando così con il principio di offensività, oltre che di legalità della pena e di uguaglianza-ragionevolezza.

          D’altronde, prosegue la Corte, le misure di prevenzione personali possono essere applicate a categorie eterogenee di persone per la ricorrenza di situazioni fattuali diverse tra loro e non riconducibili a un denominatore comune che si ponga quale misura della pericolosità sociale.

          Rispetto al passato, anche non particolarmente remoto (si veda C. Cost. 8.3.1984, n. 66), si registra dunque un atteggiamento culturale opposto sulla condizione di sottoposto a misura, la cui immanente pericolosità lo rendeva un tempo soggetto sensibile a qualsiasi tipologia di infrazione, a differenza di oggi, ove l’asse valutativo è incentrato sul fatto commesso, astratto dalla condizione personale.