16/05/2016
Il Davigo pensiero, ovvero il pensiero indicibile

Il pensiero del dott. Davigo, Presidente “pro-tempore” dell’ANM,  è il pensiero della magistratura? L’ANM ed il CSM lo dicano, altrimenti coglieremo, nel loro silenzio, il segno inequivoco di un soddisfatto, malcelato consenso al Davigo-pensiero.

A che serve esaminare i testimoni nel contraddittorio delle parti? Non bastano i verbali fatti nel chiuso di una caserma? A che serve, dunque, fare lunghi dibattimenti, quando invece il processo potrebbe essere un affare sbrigativo, basato su fonti sottratte al controllo delle parti ed all’inutile controesame degli avvocati? Il Davigo-pensiero si fa sempre più chiaro e, nella formazione dispensata ai giovani studenti salentini, ad una parte, dunque, delle future classi dirigenti del nostro Paese, si delinea con chiarezza una idea del processo totalmente inquisitoria, ancorata al passato, prescientifica, decisamente contraria alle convenzioni internazionali e francamente anticostituzionale. Dica, il dott. Scarpinato, che autorevolmente pone la magistratura intera al vertice della tutela dei valori costituzionali, se possa un Magistrato di Cassazione (qual è il dott. Davigo, prima di essere – pro-tempore – presidente dell’ANM) diffondere un simile pensiero, offensivo dell’art. 111 della nostra Costituzione e del pensiero stesso che matura quotidianamente, nel bene e nel male delle nostre giurisdizioni superiori, fra quei nobili scranni. Se è vero che la magistratura, soi-disant indipendente e autonoma, debba, sempre e comunque, liberamente e doverosamente esprimere il proprio pensiero sull’universo-mondo della politica, della legislazione, degli affari governativi  e della costituzione, ci dica cosa pensa anche di questo ultimo Davigo-pensiero. Ce lo dicano soprattutto ANM e il CSM, attraverso i propri rappresentanti, espressioni di altrettante anime correntizie, se questa è la loro condivisa idea del processo. Perché se così fosse, come noi cautamente da tempo temiamo, sapremmo anche il perché, sotto la maschera della prescrizione, di presunti eccessi di garanzie e di altri accidenti, si è voluto e si vuole il fallimento dell’unico modello di processo democratico, civile, moderno e costituzionale, equo e giusto, qual è quello accusatorio, che si fonda su principi diametralmente opposti alle pratiche processual-probatorie evocate dal dott. Davigo. Coglieremo, purtroppo, nel loro silenzio, il segno inequivoco di un soddisfatto, malcelato consenso.

Roma, 16 maggio 2016

La Giunta 

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