08/07/2016
La specializzazione forense rischia di essere soffocata dalla Giungla - Intervenga il C.N.F.

All’Open Day di Rimini l’Osservatorio sulla Specializzazione ha fornito un piccolo “assaggio” della risposta fornita dal web a quel cittadino che si avventurasse alla ricerca di un avvocato penalista. Ne è emersa una Giungla, la Giungla delle Specializzazioni, che rischia di vanificare i risultati raggiungi dall’U.C.P.I. con l’introduzione e la regolamentazione del titolo di Specialista. Il Consiglio Nazionale Forense, l’unico che può normare in tempi rapidi la materia, deve prenderne atto e intervenire immediatamente.

Abbiamo gioito leggendo le pronunce emesse dal T.A.R. del Lazio in sede di impugnativa del D.M. n.144/2015; abbiamo gioito, e l’abbiamo scritto, innanzitutto perché in quelle pronunce trovavamo l’affermazione di concetti a noi ben noti e da noi nel tempo coltivati a fondamento della battaglia per la specializzazione forense: primo fra tutti, che il titolo di specialista fornisce una indicazione effettiva su una specifica e particolarmente approfondita competenza e che tale indicazione è posta innanzitutto a tutela dei cittadini.

Lo andiamo dicendo da oltre un decennio, ma in questo lungo lasso di tempo, occorso all’Avvocatura ed alla Politica per condividerlo e tradurlo in norma, il contesto sociale e deontologico entro cui il titolo di specialista andrà ad operare è profondamente mutato, e ciò è sotto gli occhi di tutti.

Ne abbiamo avuto la riprova scorrendo le indicazioni forniteci dai motori di ricerca alla semplice richiesta di  un “avvocato penalista”, o di un “avvocato specialista”, o “specializzato”, o “esperto”, o “competente” o comunque “migliore”. Dai grandi network ai siti dei più piccoli studi legali è tutto un proliferare di attribuzioni di particolare esperienza e competenza, autoreferenziali e prive di qualunque garanzia né tantomeno di controllo. Ci è sembrato di finire in una Giungla – e così a Rimini l’abbiamo rappresentata e qui ve la riproponiamo  -, una giungla che preclude ai cittadini esattamente ciò che la disciplina della specializzazione, la stessa legge professionale e l’attuale codice deontologico vorrebbero loro garantire: una scelta consapevole e adeguata alle esigenze di ognuno.

Occorre fare chiarezza; e tale onere spetta senza dubbio al Consiglio Nazionale Forense: l’introduzione del titolo di Avvocato Specialista, con la sua rigorosa regolamentazione, consente oggi – alla luce del nuovo codice deontologico forense e prima ancora della Legge n.247/2012 - l’indicazione da parte degli Avvocati di settori  di esercizio o di competenze specialistiche non conseguite attraverso il percorso dettato dal D.M. n.144/2015?

Noi riteniamo di no. E questa nostra opinione fonda non soltanto sull’effetto vanificatorio del D.M. n.144/2015 che la diversa opinione produrrebbe, ma prima ancora  su uno dei capisaldi della nuova disciplina dell’Ordinamento Forense: che essa sia finalizzata alla “tutela dell’affidamento della collettività e della clientela” da realizzarsi attraverso la prescrizione “della correttezza dei comportamenti e la cura della qualità ed efficacia della prestazione professionale”. Se questo è l’obiettivo della Legge, fatto peraltro interamente proprio dal Codice Deontologico Forense, l’unico percorso atto a consentire l’indicazione di competenze specialistiche non può che essere quello tracciato dal Decreto Ministeriale. Al di fuori di esso vi è solo la Giungla, e la Giungla non può essere ulteriormente tollerata.

Siamo certo che il Consiglio Nazionale Forense non potrà che convenire.

Roma, 6 luglio 2016

L' Osservatorio sulla Specializzazione UCPI