12/12/2016
Nuovi scenari ed effetti collaterali

La crisi di governo post-referendaria ha interrotto l’iter parlamentare del DDL giustizia quando sembrava che il ricorso alla fiducia ne avrebbe consentito una rapida approvazione. Si archivia cosi, almeno per ora, la riforma del 146 bis con la sua devastante estensione del processo a distanza. E si archiviano la riforma della prescrizione e gli aumenti di pena inutili ed indiscriminati. L’incertezza del quadro futuro ci rende, tuttavia, anche consapevoli della necessità di aprire, in questa fase, il confronto con tutte le forze politiche e con gli interlocutori istituzionali e sociali che andranno a ricomporre i nuovi equilibri, aprendo spazi di interlocuzione per la ripresa di tali ambiziosi progetti e per prevenire il rilancio delle ipotesi di riforma sino ad oggi contrastate. Il 2017 si aprirà, con l’avvio, da parte dell’Unione, della campagna per la raccolta delle firme per la nuova legge costituzionale di iniziativa popolare sulla 'separazione delle carriere'. Senza una nuova figura di Giudice, non solo indipendente, autonomo e imparziale, ma anche e soprattutto 'terzo', nessuna riforma processuale e sostanziale potrà dare i suoi frutti.

La crisi di governo post-referendaria ha interrotto l’iter parlamentare del DDL giustizia quando sembrava che il ricorso alla fiducia ne avrebbe consentito una rapida approvazione. Si archivia così, almeno per ora, la riforma del 146bis con la sua devastante estensione del processo a distanza. E si archiviano la riforma della prescrizione e gli aumenti di pena inutili ed indiscriminati. Ed è un bene che riforme inutili e dannose, che avrebbero certamente aggravato le condizioni di imbarbarimento del processo penale, finiscano (almeno per ora) in soffitta. Ma vi sono più ragioni per riflettere su questi nuovi scenari. I nostri tempi, segnati dalla complessità, ci avevano infatti consegnato una ipotesi di riforma schizofrenica, che al tempo stesso introduceva modifiche capaci di mortificare in profondità principi e garanzie fondamentali, ed altre che al contrario restituivano garanzie, correggendo addirittura recenti linee interpretative delle Sezioni Unite (come nel caso della limitazione dell’utilizzo del Trojan e del ripristino della oralità nei ricorsi avverso misure reali), o introducendo nuove inedite forme di controllo sui tempi di esercizio dell’azione penale (art. 18 del DDL).  Si tratta, con tutta evidenza, del risultato di un approccio alle riforme che, come abbiamo sempre sostenuto, è segnato in radice dalla mancanza di un disegno organico, dalla totale assenza di una idea di processo, e dalla mancata individuazione di quelli sono o che dovrebbero essere i suoi principi fondanti e che, come tali, non possono essere al tempo stesso, qui demoliti e lì ripristinati, qui oggetto di tutela e promozione e lì gettati nel fango. 

Occorre impegnarsi in una non facile operazione selettiva, salvando ciò che del DDL ci sembra andare nel giusto verso della tutela e della promozione delle garanzie, e contrastando l’eventuale recupero di ciò che va invece in senso contrario. È in questa ottica pragmatica che ci siamo in questi due anni già responsabilmente impegnati, affinché quello che di pessimo il disegno di legge conteneva venisse eliminato e perché ciò che non poteva essere eliminato venisse migliorato. Si tratta, in questo nuovo contesto, di ripartire da zero, riconsiderando, ancora una volta con il necessario realismo, le nuove condizioni politiche che la crisi ha generato e di valutare quali scenari si potranno aprire per gli sviluppi futuri della riforma. In questo nuovo contesto politico si tratterà di ricomporre un quadro assai complesso, recuperando lo spazio per rilanciare iniziative legislative che sembrano dimenticate. Se, infatti, la crisi ha compromesso il rapido evolversi di riforme da noi osteggiate, come quella relativa alla abolizione del Tribunale per i Minorenni (S 2284), essa rischia anche di far abbandonare quella che era stata una delle migliori elaborazioni del ministero Orlando, la riforma del processo di Sorveglianza e dell’Ordinamento penitenziario, con la convocazione di quegli Stati Generali dell’esecuzione penale ai quali abbiamo dato il nostro fattivo contributo. Rischia di ritardare ancora, inammissibilmente, l’introduzione del reato di tortura (con le necessarie modifiche per le quali ci siamo costantemente e coerentemente battuti) e di marginalizzare l’ipotesi di un provvedimento urgente in materia di indulto e di amnistia, l’unico allo stato capace di restituire legalità alle condizioni nelle quali versano tuttora migliaia di detenuti. 

L’incertezza del quadro futuro ci rende, tuttavia, anche consapevoli della necessità di aprire, in questa fase, il confronto con tutte le forze politiche e con gli interlocutori istituzionali e sociali che andranno a ricomporre i nuovi equilibri, aprendo spazi di interlocuzione per la ripresa di tali ambiziosi progetti e per prevenire il rilancio delle ipotesi di riforma sino ad oggi contrastate. Non vi è dubbio, infatti, che se da un lato il lavoro sino ad oggi svolto ha visto l’emarginazione di ipotesi di riforma deleterie e distruttive per l’impianto liberale e costituzionale del nostro processo, quale l’ipotesi “Casson” di interruzione definitiva della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, occorre dall’altro evitare “effetti collaterali” e tenere alta la guardia anche su possibili “ritorni”, giustificati e propiziati da futuri nuovi equilibri parlamentari.    

Non vi è dubbio che l’Unione debba farsi artefice e promotrice di un reale cambiamento di rotta della politica giudiziaria, ponendo sul tavolo delle future riforme del processo penale il problema relativo alle scelte valoriali intorno alle quali riedificare il nostro modello accusatorio,  ponendo altresì al centro di ogni riflessione sulla riforma della giustizia penale la imprescindibile necessità della riforma ordinamentale. Il 2017 si aprirà, infatti, con l’avvio della campagna per la raccolta delle firme per la nuova legge costituzionale di iniziativa popolare sulla “separazione delle carriere”. Senza una nuova figura di Giudice, non solo indipendente, autonomo e imparziale, ma anche e soprattutto “terzo”, nessuna riforma processuale e sostanziale potrà dare i suoi frutti. Una battaglia difficile nella quale, tuttavia, ci impegniamo con il necessario coraggio e con inevitabile passione, consapevoli che si tratta di riaprire uno spazio politico a quella che giustamente consideriamo la battaglia storica dell’Unione, ed anche del fatto che lo scenario futuro nel quale la legge dovrà essere discussa potrà essere totalmente diverso da quello passato.

Roma, 12 dicembre 2016

La Giunta

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