15/01/2017
SE ANM NON VA ALLA GIUSTIZIA, LA GIUSTIZIA ANDRÀ DA ANM?

È proprio fra quelle auguste pietre del “palazzaccio”, che saranno provocatoriamente disertate da ANM, che siedono le toghe “pietra dello scandalo”, ma anziché inseguire le rivendicazioni sindacali di ANM si acceleri sulla legge delega per la riforma dell’esecuzione penale. Si cerchino convergenze su tutto ciò che possa restituire un minimo di dignità al giusto processo e di legalità al mondo delle carceri. 

L’Associazione Nazionale Magistrati non andrà all’inaugurazione dell’Anno Giudiziario che si terrà, come ogni anno, presso la Corte di Cassazione. Altre volte ANM ha inscenato proteste alle inaugurazioni presso le Corti di Appello, ma questa assenza appare tanto inedita quanto significativa. Perché è proprio in Corte di Cassazione, fra quelle auguste pietre del “palazzaccio”, che saranno provocatoriamente disertate da ANM, che siedono le  toghe “pietra dello scandalo”: il Presidente Giovanni Canzio e il Procuratore Generale Pasquale Ciccolo, beneficiari, secondo ANM, di una proroga iniqua. A ben vedere si direbbe che la rivendicazione sindacale di ANM, costruita intorno al DL 168/2016 sulle pensioni, si tinga di un ancor più pericoloso colore politico e culturale che non solo muove la magistratura associata contro il governo, ma che muove anche le diverse anime della magistratura al proprio interno.  Se ne dovrebbe trarre una indicazione preziosa e convincersi di una verità, che sta nel comprendere come, in questo difficile momento, interessi poco ad ANM di una vera riforma del processo penale, vicina alle garanzie dei cittadini, ai principi europei dell’equo processo, e come si tratti al contrario di una associazione tutta ripiegata su se stessa a difesa dei propri interessi e delle proprie prerogative. E appare davvero sintomatico il fatto che accanto al contenzioso relativo a trasferimenti e pensioni, interessi ad ANM che dal DDL sulla riforma del processo penale venga eliminata quell’unica norma, disegnata dall’art. 18, con la quale si è cercato di introdurre un meccanismo di accelerazione del procedimento, per impedire che il 70 % dei processi si prescriva fra le mani dei Pubblici Ministeri. Una norma vista dalla magistratura associata come un insopportabile condizionamento a quello sterminato potere di cui gode ogni magistrato nel determinare, nel bene e nel male, le sorti di un processo. Felice, invece, dell’allungamento infinito dei tempi del processo penale, indifferente al dettato costituzionale ed ai reali interessi dei cittadini e della collettività. Detta questa evidente verità, ci chiediamo quali siano le “altre” richieste di ANM, oltre quella che formalmente giustifica la clamorosa protesta, sulle quali il Ministro Orlando dice essere in atto una opportuna “riflessione”? È forse proprio su quell’art. 18 del DDL sulla giustizia che si giocano i destini della riforma? Che il Ministro rifletta - perché spetta al Governo e al Parlamento, e non a Davigo, fare le riforme - sulla incoerenza di un DDL che accanto a norme che tutelano i principi del “giusto processo”, come la riaffermazione del contraddittorio pieno nei ricorsi sulle misure reali, ve ne siano altre come il “processo a distanza”, che ne costituiscono la più insensata mortificazione. Su alcuni importanti tratti della riforma si è seguito un percorso condiviso. Sul tema delle intercettazioni si sono fatti passi importanti nel cercare di restringere lo spazio applicativo dell’utilizzo dei virus informatici a fini intercettativi che era stato aperto da improvvide giurisprudenze, e nel ribadire la specificità della tutela della funzione difensiva. Ma anche su questo terreno appare evidente la necessità di un ulteriore rafforzamento delle tutele e di un ulteriore ripensamento (alla luce delle drammatiche evidenze relative alla gestione parallela ed incontrollata del patrimonio intercettativo, denunciata in questi giorni)  dell’intera materia. Si vedano, dunque, le reali emergenze, che non sono quelle della prescrizione o delle traduzioni dei detenuti, ma quella di una condizione carceraria tuttora degradante (anziché approvare l’irragionevole proposta Gratteri sulle videoconferenze, perché non ci si chiede come mai, nonostante la riforma sulla custodia cautelare, non diminuisce ma aumenta il numero dei detenuti in attesa di giudizio?). Si acceleri sulla legge delega per la riforma dell’esecuzione penale. Si cerchino convergenze su tutto ciò che possa restituire un minimo di legalità al mondo delle carceri. La Riforma del Ministro Orlando ha un titolo assai esplicito che pone l’accento sul “rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi nonché all’ordinamento penitenziario per l’effettività rieducativa della pena”... Si usi quel titolo ambizioso come criterio selettivo e si eviti con saggezza di portare davanti al Senato tutte quelle norme che risultano, francamente, “fuori tema”.

Roma, 15 gennaio 2017

La Giunta