07/02/2017
Audizione dell'Unione delle Camere Penali Italiane sul DDL n. 3343 relativo all'introduzione dell'articolo 293-bis del codice penale

Si è svolta oggi, presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, l’audizione dell’Unione delle Camere Penali Italiane sul DDL n. 3343 relativo all’introduzione dell’articolo 293-bis del codice penale, concernente il reato di propaganda del regime fascista e nazifascista

 

 

Il Disegno di Legge mira ad introdurre nel Codice Penale il “Reato di propaganda del regime fascista e nazifascista”, tenendo ferme le fattispecie di reato già delineate dalla c.d. “Legge Scelba” (L. n. 645 del 1952) dalla c.d. “Legge Mancino” (D.L. n. 122 del 1993, convertito con modificazioni dalla L. n. 205 del 1993). Scopo della norma è quello di ricondurre all’alveo del penalmente rilevante anche condotte meramente elogiative, o estemporanee che, pur non essendo volte alla riorganizzazione del disciolto partito fascista, siano chiara espressione della retorica di tale regime, o di quello nazionalsocialista tedesco. In esse viene ricompresa, oltre alla gestualità, anche la produzione, la distribuzione, la diffusione o vendita di beni raffiguranti immagini tipiche della simbologia fascista e nazifascista. All’odierna audizione, tenutasi presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, hanno partecipato i componenti di Giunta Giuseppe Guida e Rinaldo Romanelli, i quali hanno rappresentato la posizione critica dell’Unione rispetto all’introduzione di tale nuova fattispecie di reato nell’ordinamento. In particolare sono stati sottolineati i profili di contrasto con i principi costituzionali dettati dagli artt. 21, 25 comma 2 e 117 della Costituzione. A riguardo sono stati richiamati i plurimi interventi della Corte Costituzionale e la giurisprudenza elaborata dalla Suprema Corte di Cassazione in merito al perimetro di applicazione dei reati di apologia del fascismo e di manifestazioni fasciste. La compatibilità degli stessi con il principio di libera manifestazione del pensiero è stata più volte affermata in ragione del fatto che assumono rilievo penale esclusivamente quelle condotte poste in essere in condizioni di pubblicità tali da rappresentare un concreto tentativo di raccogliere adesioni ad un progetto di ricostituzione del partito fascista. La relazione tra la condotta ed il concreto pericolo di riorganizzazione del partito fascista, vietata dalla XII disposizione transitoria della Costituzione, rappresenta anche la garanzia del rispetto del principio di offensività della condotta stessa, sotteso al dettato del secondo comma dell’art. 25 della Carta Costituzionale. Non dunque, la semplice manifestazione del pensiero, in forma meramente elogiativa, o attraverso gestualità tipica, come il saluto romano, ma attività in qualche modo prodromica e comunque idonea a creare un concreto pericolo di ingenerare consensi ed adesione all’ideologia fascista e antidemocratica. Allo stesso modo l’esigenza di uno Stato democratico di garantire la propria esistenza, attraverso la repressione, anche penale, di condotte che la mettano in pericolo, è la ragione che consente, ai sensi degli artt. 10 e 11 CEDU, di limitare la libera manifestazione del pensiero e la libertà di associazione, che della prima rappresenta la naturale conseguenza. Sotto questo profilo la normativa attualmente vigente è stata ritenuta non in violazione degli obblighi internazionali assunti dall’Italia, derivanti dall’adesione alla Convenzione Europea per i diritti dell’Uomo e dunque, non in contrasto con l’art. 117 della Costituzione. E’ stato, quindi, rappresentato, nel corso dell’odierna audizione che l’ampliamento previsto dal DDL dell’area del penalmente rilevante anche a mere forme di manifestazione del pensiero e l’anticipazione della soglia di punibilità alla produzione o alla commercializzazione di beni raffiguranti immagini del regime per meri scopi commerciali, perdendo ogni relazione con il fine di ricostituzione del partito fascista, si pone in evidente contrasto con i principi costituzionali sopra richiamati, così come già declinati nei plurimi interventi della Consulta in materia. Per altro verso, l’eventuale entrata in vigore della nuova fattispecie di reato, nella parte in cui non si pone in contrasto con i dettami della Costituzione, determinerebbe ampie aree di sovrapponibilità con le fattispecie già delineate e punite dalla c.d. “Legge Scelba”.Si è, pertanto, concluso affermando che l’approvazione del DDL determinerebbe l’entrata in vigore di una norma in parte incostituzionale ed in parte priva di concreti effetti.

 

Roma, 7 febbraio 2017

 

La Giunta