27/10/2017
Modifica della disciplina in materia di giudizi di impugnazione: le osservazioni dell'Unione

Pubblichiamo le osservazioni dell’Unione in merito al decreto legislativo recante disposizioni di modifica della disciplina in materia di giudizi di impugnazione, che attua la delega contenuta nella legge n. 103 del 2017, recante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario, così come richiesto dal Presidente della Commissione Giustizia della Camera, On. Donatella Ferranti, visto “il prezioso contributo che” l’Unione “ha già fornito in sede di indagine conoscitiva, durante la fase di esame del disegno di legge governativo C. 2798”

1. In relazione all’art. 1, comma 1°, non pare che il testo della legge delega possa essere interpretato nel senso di escludere la legittimazione del Pubblico Ministero alla formulazione di un appello nell’interesse dell’imputato. Le limitazioni alla proponibilità dell’appello sono chiaramente rivolte a circoscrivere le ipotesi in cui il Pubblico Ministero possa richiedere una reformatio in peius della sentenza. E’ chiara la scelta del legislatore che, bilanciando il contrapposto interesse della pretesa punitiva dello Stato da una parte, con le limitate risorse a disposizione del sistema giudiziario dall’altra, ha inteso sottrarre all’accusa pubblica la facoltà di impugnazione ogniqualvolta l’esercizio dell’azione penale abbia già trovato il positivo riconoscimento della propria fondatezza. In questo caso al Pubblico Ministero è semplicemente precluso di potersi dolere dell’entità della pena inflitta e richiedere sul punto una nuova valutazione al Giudice di secondo grado. Opera quale limite a tale scelta l’ipotesi che sia stato mutato il titolo di reato, o esclusa una circostanza aggravante a effetto speciale o sia stata stabilità una pena di specie diversa. In questo caso si preserva il diritto di appellare del P.M. Del tutto estranea a tale logica appare la scelta operata nel decreto attuativo di escludere la legittimazione all’impugnazione del P.M. in favore dell’imputato. Non pare, dunque, che possa intendersi attribuito tale potere dal legislatore delegante al delegato. Peraltro la scelta apparirebbe comunque irrazionale, posto che permane la legittimazione del P.M. a formulare ricorso per Cassazione in favore dell’imputato. Non negare la concorrente funzione di garanzia propria del Pubblico Ministero, che nel nostro sistema non ha interesse alla pronuncia della sentenza di condanna, bensì alla pronuncia resa secondo giustizia e nel contempo negare che la eserciti con un’impugnazione devolutiva di merito, determinerebbe, infatti, una distonia sistematica difficilmente comprensibile.
2. In relazione all’art. 4 lett. b) si rileva un evidente eccesso di delega. La lettera m) del comma 84 del testo delegante nulla prevede, infatti, in merito alla possibilità di limitare la facoltà dell’imputato di presentare memorie al Giudice. La norma dispone unicamente la previsione della titolarità dell’appello incidentale in via esclusiva in capo all’imputato, nonché i (non meglio precisati) limiti alla stessa. Il tema delle difese, anche ove svolte attraverso una memoria scritta ex art. 121 c.p.p., resta del tutto estraneo a tale previsione. Anche in questo caso, è da osservare comunque l’irrazionalità della scelta, volta a limitare temporalmente, per il solo imputato, la facoltà di articolare le proprie difese tramite uno scritto in caso di impugnazione in via principale delle altre parti, limite che non opera, appunto, per le altre parti in caso di impugnazione dell’imputato. Peraltro il termine di quindici giorni prima dell’udienza si pone in aperto contrasto con la previsione generale dettata dall’art. 121 c.p.p. che consente a tutte le parti di presentare memorie in ogni stato e grado del giudizio e che rappresenta un presidio di difesa da non modificare.

Roma, 27 ottobre 2017

La Giunta 

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