09/12/2017
Specializzazioni: l'Unione scrive al Ministro Orlando e ai Presidenti delle Commissioni Giustizia e Bilancio della Camera dei Deputati.

La lettera dell'Unione al Ministro della Giustizia, On. Orlando, alla Presidente della Commissione Giustizia della Camera, On Ferranti, e al Presidente della Commissione Bilancio della Camera, On. Boccia, sull'emendamento n.4768/II/1. 9. Verini + altri alla legge di Bilancio dello Stato per l’anno finanziario 2018 che stravolge la specializzazione in materia penale.

 

Illustre Signor Ministro,

è con grande sorpresa e con profondo dispiacere che nella giornata di ieri, a pochi giorni dal deposito della sentenza del Consiglio di Stato, resa nel procedimento n. 5575/2017, e senza che vi sia stato, dunque, alcun ulteriore confronto ed alcun approfondimento della stessa, abbiamo appreso della proposta di emendamento con la quale verrebbe profondamente modificato l’art. 9 della Legge di Ordinamento Forense (n. 247 del 32 dicembre 2012), introducendo nel testo normativo l’indicazione dei settori di specializzazione nell’esercizio della professione forense, settori la cui individuazione e disciplina, frutto di una lunga e condivisa interlocuzione con il CNF e le associazioni specialistiche maggiormente rappresentative, era stata riservata alla normativa secondaria.
Nell’ambito di tale individuazione si era ritenuto che il settore penale dovesse restare indiviso, secondo una oramai consolidata indicazione, che non era mai stata messa in dubbio, né nell’ambito delle precedenti interlocuzioni ministeriali, né nell’ambito delle successive valutazioni della giustizia amministrativa.
Secondo l’emendamento in questione, incongruamente inserito all’interno della Legge di Bilancio 2018, il settore penale dovrebbe essere invece suddiviso in quattro diversi “sottosettori” la cui individuazione non risponde ad alcun condivisibile criterio di effettività, congruità e ragionevolezza e si pone in contrasto con le scelte a suo tempo effettuate dal Ministero, con le posizioni assunte dal Governo nei procedimenti amministrativi, e con il contenuto dalle stesse sentenze dei giudici amministrativi.
Tanto le modalità adottate (che interrompendo un opportuno confronto utilizzano uno strumento legislativo da ritenersi inappropriato), quanto il merito della scelta oggetto dell’emendamento, giustificano dunque la contrarietà dell’avvocatura penale.
Quanto alle modalità occorre rilevare che si vorrebbe intervenire attraverso lo strumento emendativo su di una legge ordinaria senza che vi sia stato alcun dibattito e neppure una interlocuzione con l’avvocatura penale che pure aveva formulato proposte condivise e recepite nel regolamento sulla specializzazione per migliorare la qualità della prestazione in materia penale.
Quanto al merito va detto innanzitutto che il diritto penale e processuale penale non si esaurisce certo nei quattro settori individuati nel corpo dell’emendamento del “diritto penale minorile, diritto penale dell’ambiente, diritto penale dell’impresa e diritto dell’esecuzione penale”, che costituiscono branche di nicchia rispetto alla intera materia penalistica. Da ciò conseguirebbe che alla generalità degli avvocati penalisti, anche nell’eventualità, assolutamente rara, in cui gli stessi si dedicassero in esclusiva ad altre materie del diritto sostanziale (penale della famiglia, penale criminale, penale dell’edilizia, penale della pubblica amministrazione, penale delle fasce deboli, ecc...) sarebbe preclusa la possibilità di conseguire un attestato di specializzazione.
Una scelta questa che risulta, peraltro, in evidente contrasto con quanto stabilito per il settore del diritto amministrativo, il quale secondo l’emendamento resterebbe ricompreso in un ambito unitario di specializzazione, in base a ragioni che evidentemente imporrebbero una analoga scelta anche nell’ambito del settore penalistico.
Tali annotazioni sono state peraltro condivise anche dal Comitato delle Associazioni specialistiche promosso dallo stesso CNF che ha espresso forti perplessità nei confronti dell’emendamento proprio con riferimento a tale evidente contraddizione.
Inutile dire come ciò, oltre a contrastare all’evidenza con il diritto ad una pari opportunità professionale, determinerebbe la totale inefficacia della specializzazione forense, che pure il Parlamento ha voluto introdurre corrispondendo essa alla necessità di massima qualificazione professionale e di massima tutela del cittadino.
Come giustamente sottolineato dal Consiglio di Stato, i “settori” di specializzazione devono essere identificati secondo parametri di effettività nell’esercizio della professione, e laddove, nel settore civile, già si sono imposti in tutto il territorio nazionale, nella pratica dell’esperienza professionale, ambiti di esercizio professionale specifico (basti pensare al diritto del lavoro e della previdenza sociale, al diritto tributario, al diritto della famiglia, al diritto societario, al diritto assicurativo, solo per fare alcuni esempi), nel diritto penale ciò non è ancora affatto diffuso, neppure nei più grandi fori e nei più importanti studi professionali.
Ciò è del resto - come il Ministro stesso con l’adozione del Decreto n.144 del 2015 aveva giustamente ritenuto - in linea con la specificità propria del diritto penale, caratterizzato, per tutti gli ambiti di esercizio professionale, dalla unicità del rito processuale, ed in base alla considerazione che gli avvocati penalisti sono innanzitutto formati sul concreto esercizio della difesa penale nelle aule di giustizia, sulle regole del procedimento e sulla unica consapevolezza di essere garanti dei diritti di libertà delle persone, prescindendo evidentemente dalla natura del reato oggetto di contestazione nel processo.
Del resto, proprio lo stesso Ministro, con la condivisione del CNF, aveva valorizzato tale specificità ed unitarietà del settore, non solo sostenendole con fermezza nel corso di incontri e seminari pubblici, ma difendendo il riparto dei settori adottato dal Decreto n. 144 (e con esso l’unitarietà del settore penale) in sede giurisdizionale, prima resistendo dinanzi al T.A.R. del Lazio avverso i ricorsi presentati da alcune componenti dell’avvocatura, e poi persino ricorrendo contro dette decisioni emesse all’esito dei ricorsi laddove esse censuravano proprio il riparto dei settori di specializzazione.
Ci preme peraltro far presente che la specificità ed unitarietà del settore penale costituiscono il fondamento dei Decreti Ministeriali che regolamentano la difesa d’ufficio ed il patrocinio a spese dello Stato, laddove si riconosce a coloro che non possiedono mezzi culturali od economici per affrontare la difesa in giudizio, il diritto ad un difensore specializzato nel diritto penale e processuale penale, sì da garantire anche ai più disagiati l’effettività della difesa in sede giudiziaria.
Da ultimo non possiamo non segnalare il gravissimo pregiudizio che l’approvazione definitiva dell’emendamento arrecherebbe ai giovani avvocati ed alla credibilità stessa delle istituzioni politiche. Il Decreto Ministeriale n. 144 contempla infatti all’art. 14 una norma transitoria del seguente tenore: “L’avvocato che ha conseguito nei cinque anni precedenti l’entrata in vigore del presente regolamento un attestato di frequenza di un corso almeno biennale di alta formazione specialistica conforme ai criteri previsti dall’articolo 7, comma 12, organizzato da una delle articolazioni di cui al comma 1 del medesimo articolo, ovvero dal Consiglio nazionale forense, dai consigli dell’ordine degli avvocati o dalle associazioni specialistiche maggiormente rappresentative di cui all’articolo 35, comma 1, lettera s) , della legge 31 dicembre 2012, n. 247, può chiedere al Consiglio nazionale forense il conferimento del titolo di avvocato specialista previo superamento di una prova scritta e orale. All’organizzazione e alla valutazione della prova di cui al periodo precedente provvede una commissione composta da docenti rientranti nelle categorie di cui all’articolo 7, comma 8, nominati dal Consiglio nazionale forense. 2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche a coloro che hanno conseguito un attestato di frequenza di un corso avente i requisiti previsti dal predetto comma iniziato prima della data di entrata in vigore del presente regolamento e alla stessa data non ancora concluso.”.
In forza di tale norma, presente anche nel regolamento del Consiglio Nazionale Forense adottato prima ancora dell’entrata in vigore della legge di Riforma dell’Ordinamento Forense, migliaia di giovani avvocati hanno frequentato e stanno ancor oggi frequentando percorsi biennali di specializzazione, anche in diritto penale complessivamente inteso, conformi ai criteri previsti dall’art. 7 del Regolamento, legittimamente confidando sul pieno  riconoscimento di tale percorso al fine del conseguimento del titolo. Tali giovani avvocati vedrebbero oggi, in ragione di un mutato orientamento delle istituzioni politiche - nient’affatto imposto dalle pronunce amministrative che la validità di tale norma transitoria hanno sempre confermato - frustrate le loro legittime aspettative, e ciò anche a tacere dell’onere economico che hanno dovuto sostenere per la partecipazione a corsi di siffatto impegno. Ciò, con evidente ricaduta sul prestigio delle istituzioni politiche.
Per tali motivi riteniamo che sia assolutamente necessario ripensare metodo e contenuti dell’emendamento indicato in epigrafe, sì da consentire per altra via la realizzazione di un sistema equilibrato ed effettivo della specializzazione forense, capace di garantire una difesa penale massimamente qualificata a tutti i cittadini e con essi innanzitutto ai più bisognosi e privi di tutele.
I nostri cordiali saluti.
 
La Giunta

Il Presidente
Avv. Beniamino Migliucci
 
Il Segretario
Avv. Francesco Petrelli
 
L’Osservatorio sulla Specializzazione U.C.P.I.
Avv. Lodovica Giorgi