11/12/2017
La protesta dei penalisti contro le carenze del nostro sistema penitenziario.

Il resoconto della giornata di protesta.

Parte dalle Camere Penali del Distretto della Corte di Appello di Napoli, la protesta dei penalisti per le carenze del nostro sistema penitenziario. Una marcia che, dal Palazzo di giustizia, ha portato gli Avvocati fino a Poggioreale, per manifestare il loro dissenso verso la continua emergenza.

L’iniziativa è stata fatta propria dall’Osservatorio Carcere dell’U,C.P.I. che ha sollecitato le altre Camere Penali a mobilitarsi affinché le manifestazioni fossero replicate negli altri Distretti.

Moltissime Camere Penali hanno aderito e la situazione, a livello nazionale è davvero preoccupante.

Al 30 novembre 2017, sono 58.115 i detenuti nelle carceri italiane, a fronte di una capienza regolamentare di 50.511 unità. Ci sono quindi circa 8.000 detenuti in più.

In attesa di primo giudizio, vi sono 10.074 detenuti in custodia cautelare.

I detenuti “condannati non definitivi” sono 10,239.

Per un totale di 20.313 detenuti “presunti innocenti".

In Campania, ci sono 6.135 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare dei 15 istituti di 7.321 unità. Circa 1.200 detenuti in più.

(Dati Dipartimento Amministrazione Penitenziaria al 30 novembre 2017)

 

                Il sovraffollamento, unita alla cronica mancanza di personale e alla fatiscenza delle strutture non consente alcuna attività di “rieducazione” e la maggior parte dei detenuti è ristretto in condizioni disumane e degradanti.  

I Tribunali di Sorveglianza. A Napoli ed in molte Corti di Appello, sono in affanno per disfunzioni organizzative. Tale circostanza non consente ai detenuti che ne avrebbero dirotto di usufruire di misure alternative, permessi e addirittura della liberazione anticipata. Quest’ultima, a volte, viene concessa quando il detenuto è già uscito.

A Napoli, le gravissime e croniche disfunzioni del tribunale di sorveglianza, costringono gli Avvocati ad espletare il proprio mandato in condizioni mortificanti che pregiudicano significativamente il diritto di difesa dei detenuti. Inutili e senza esito sono state le richieste di un’ispezione straordinaria, mentre la situazione peggiora di giorno in giorno, fino a giungere recentemente ad un avviso affisso fuori l’aula di udienza che comunicava, senza specificarne le ragioni, l’annullamento di ben 11 udienze collegiali. A ciò si aggiungano i ritardi con cui vengono decise le istanze di misure alternative e quelle di liberazione anticipata, le estenuanti file a cui sono costretti gli Avvocati per avere notizie, con tempi di attesa medi pari ad un’ora e trenta minuti.

A Milano, per denunciare la "situazione grave" in cui si trovano gli Uffici e i Tribunali di Sorveglianza di tutta Italia, come quello milanese che ha un arretrato da smaltire di oltre 26 mila fascicoli a fronte di magistrati e personale sotto organico, e le carceri dove il sovraffollamento sta sfiorando livelli "altissimi". Questa mattina in una conferenza stampa al Palagiustizia di Milano è stato di nuovo lanciato l'allarme per una situazione che vede, come a Como, il triste primato del carcere che ha un sovraffollamento del 194,8% e "persone che per questioni amministrative non vengono scarcerate anche se ne avrebbero il diritto - ha spiegato l'avvocato Paolo Campanini, presidente della Camera Penale della città lariana -. E questo perché - ha proseguito - a stendere le relazioni sui detenuti da allegare alle istanze di misure alternative o liberazione anticipata" è rimasto un solo educatore. "Gli altri tre se ne sono andati". Monica Gambirasio, presidente delle Camere Penali di Milano, ha spiegato che la "preoccupazione è alta" per la situazione del Tribunale di Sorveglianza del capoluogo lombardo che porterà "grande disagio sulla popolazione carceraria che non vede risposta alle proprie legittime istanze" e al contempo "assiste ad un drammatico peggioramento delle proprie condizioni di vita. Le persone condannate, poi, devono attendere due anni e oltre per essere ammesse alle misure alternative".

Anche la Camera Penale di Venezia ha aderito all’iniziativa. Per quanto riguarda gli istituti penitenziari veneziani, attualmente a S. Maria Maggiore (maschile) sono presenti 230 detenuti (114 in attesa di giudizio, 116 in esecuzione pena) a fronte di una capienza regolamentare di 163; alla Giudecca (femminile) sono 78 le detenute su una capienza di 115, ma i dati significativi riguardano la percentuale delle straniere (80%) ed il numero delle detenute in esecuzione pena (61). Una situazione francamente intollerabile tanto per i detenuti quanto per il personale penitenziario. Nel distretto di Venezia, le carenze del Tribunale di Sorveglianza riguardano tanto il personale amministrativo (rimangono sistematicamente scoperti i posti di quanti vanno in pensione), quanto il numero dei magistrati in servizio. In particolare, all'Ufficio di Sorveglianza di Venezia, su una previsione ministeriale di tre magistrati (per gli istituti di Venezia, Treviso e Belluno e per le misure alternative nelle tre province), vi è attualmente un solo magistrato effettivo ed un magistrato applicato sino al prossimo aprile, distaccato dall'Ufficio di Sorveglianza di Padova, rimasto così sguarnito di un'unità nonostante le importanti esigenze di quel territorio. Il posto scoperto del terzo magistrato incide negativamente soprattutto sui tempi delle decisioni in materia di applicazione provvisoria delle misure alternative e della legge 199 (esecuzione della pena presso il domicilio), alterando la funzione deflativa assegnata a tali misure. I tempi per la celebrazione delle udienze relative alle misure alternative richieste da condannati in stato di libertà hanno subito un inevitabile allungamento (da un minimo di 6 mesi ad 1 anno di attesa all'incirca), mentre le udienze per le misure alternative richieste dai detenuti vengono fissate entro un paio di mesi quando è in esecuzione una pena con scadenza ravvicinata, ovvero almeno entro 5/6 mesi dalla domanda quando la pena in esecuzione è di più lunga scadenza. La situazione più critica è senza dubbio quella da tempo denunciata dagli assistenti sociali dell'Ufficio Esecuzione Penale Esterna, competente per l'esecuzione delle misure alternative disposte dalla magistratura di sorveglianza oltreché ai sensi della legge 67/2014, per la messa alla prova disposta dai giudici ordinari. I numeri delle misure alternative e della messa alla prova sono in crescita: a livello nazionale, complessivamente a dicembre 2016 erano circa 43.000, saliti a novembre 2017 a circa 47.000, di cui ben 10.000 in messa alla prova. Tutto senza alcun potenziamento degli organici U.E.P.E.! La legge 67/2014 prevedeva a 6 mesi dall'entrata in vigore una verifica sul fabbisogno del personale, ma così non è stato e a distanza di oltre 3 anni non è ancora previsto un concorso per funzionari di servizio sociale e solo nel 2017 sono stati reclutati alcuni esperti di servizio sociale a rapporto professionale e senza alcuna formazione specifica. Le molteplici difficoltà organizzative dell'U.E.P.E. Venezia (es.: vi è una sola auto di servizio per provincia ma un solo agente autorizzato alla guida; il dirigente dell'U.E.P.E. Venezia, con funzione di coordinamento di tutti gli U.E.P.E. del Triveneto, è al contempo direttore della Casa Circondariale di Venezia), le insufficienti risorse di personale, la tendenza degli Enti locali a non rinnovare la convenzione con il Tribunale ordinario per i lavori di pubblica utilità sono criticità che rischiano di condurre al fallimento delle CD. Misure di comunità. Nella situazione attuale, infatti, da un lato è difficile garantire la presenza in carcere di assistenti sociali U.E.P.E. per l'elaborazione dei progetti a sostegno delle misure alternative per i detenuti, d'altro lato, la frustrazione della messa alla prova e dei lavori di pubblica utilità costituisce un ritorno inaccettabile alla prospettiva del carcere, come unica sanzione.

L’Osservatorio Carcere sta raccogliendo i dati di tutti i Distretti, per la richiesta di urgenti ispezioni e provvedimenti urgenti.

 

Il Responsabile dell'Osservatorio Carcere UCPI

Avv. Riccardo Polidoro

 

Roma, 11 dicembre 2017

 

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