25/06/2018
Il SAPPE ritiene che 'con la scusa dell'art. 27 della Costituzione si allargano pericolosamente le maglie dei penitenziari'

L'Unione delle Camere Penali italiane, con il proprio Osservatorio Carcere, replica alle gravissime affermazioni del sindacato autonomo di polizia penitenziaria

“Con la scusa dell’art. 27”

Se la Costituzione è d’intralcio c’è da preoccuparsi

Il venticello giustizialista e forcaiolo non trova più ostacoli e ormai soffia forte, travolgendo tutto e contagiando tutti. Anche la Costituzione deve farsi da parte. Principi fondamentali della democrazia, quali la “certezza della pena”, la “sicurezza dei cittadini”, i “diritti delle vittime”, vengono strumentalizzati e offerti distorti all’opinione pubblica, per un consenso corporativo che contribuisce ad allontanare la loro effettiva attuazione.

Il Sindacato autonomo di polizia penitenziaria, in un documento diffuso per lamentare le carenza di organico e le difficoltà di lavoro all’interno del carcere di Taranto, si chiede chi siano i poliziotti e chi i detenuti asserendo che i diritti dei secondi sarebbero “ipervalutati” a dispetto di quelli dei primi.

Noi penalisti vorremmo sapere, invece, in quella struttura carceraria e in tutte le altre, ormai “sovraffollate”,  quali tra le tante  persone detenute, sono gli arrestati, quali i “custoditi in attesa di processo” e quali i “detenuti” che scontano una pena definitiva, per conoscere quale trattamento “individualizzato” a costoro si applica, in ossequio al principio costituzionale, secondo cui  la pena deve tendere alla rieducazione del condannato.

Ci tocca, invece, leggere che “con la scusa dell’art. 27 della Costituzione si allargano pericolosamente le maglie dei penitenziari” …. .

Non si tratta di una svista. Il documento, al fine di attirare l’attenzione sulle condizioni degli agenti,  afferma che si starebbero allargando le “maglie dei penitenziari”, dimenticando che è stato fatto fallire miseramente la riforma dell’ordinamento penitenziario, frutto del lavoro sinergico di tanti addetti ai lavori, che avrebbe potuto essere davvero una svolta in tema di sovraffollamento carcerario e di conseguenza ottenere l’obiettivo di carceri più adeguate per tutti (persone detenute e poliziotti) nel rispetto della Costituzione e delle leggi penitenziarie.

Ma tant’è, questi sono i tempi ed il documento che si legge cerca di cavalcare quell’onda giustizialista che ormai pensa di “fare a meno della Costituzione” e in nome di una artefatta “urgenza” sotterrare principi costituzionali e prevedere sempre e comunque provvedimenti che soddisfino l’emotività popolare, ottenendo risultati opposti ai fini che si dice di voler perseguire.

Ed allora, verrebbe da dire :

Scusate se l’art. 3 prevede che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge.

Scusate se l’art. 24 prevede come inviolabile il diritto di difesa.

Scusate se l’art. 27 affida alla rieducazione del condannato una funzione di recupero sociale idoneo ad assicurare, per davvero, la sicurezza dei cittadini attraverso la restituzione alla società di una persona migliore rispetto a quella che aveva sbagliato in precedenza.

Quell’inciso “con la scusa dell’art. 27 della Costituzione” è un ulteriore campanello d’allarme di quanto dovremo aspettarci, perché a suonarlo è il Sindacato di coloro a cui è affidata una parte fondamentale dell’esecuzione della pena.

Cosi scrivendo, infatti, non si comprende che con le misure alternative e la rieducazione del condannato si raggiungono più facilmente gli obiettivi della risposta sociale al delitto e della sicurezza dei cittadini;

non si comprende che con un pena diversa dal carcere, con  le misure alternative e un lavoro lecito, si rendono meno affollati gli istituti di pena (e quindi meno stressati gli agenti) e si fornisce una risposta seria al diritto delle vittime;

non si comprende che stabilendo le diverse modalità di esecuzione delle pene adeguate alla persona del reo, si assicura una sanzione che ha  effetto positivo sul condannato, ed effetti benefici sulla vittima e sulla collettività.

E quel che è più grave è che tale assurdo capovolgimento arriva proprio da  quegli “addetti ai lavori” che dovrebbero aver compreso, invece, meglio dei politici e dell’opinione pubblica, che la situazione - tragica per le persone detenute sottratte a qualsiasi garanzia di rieducazione ed  indecente per agenti e poliziotti che si trovano ad operare nella continua emergenza dovuta al sovraffollamento - è proprio frutto di quel “carcere a tutti i costi” che si vuole assicurare sempre e comunque a  imputati in attesa di giudizio e condannati, “ a dispetto dell’art. 27 della Costituzione”.

Roma, 25 giugno 2018

La Giunta

L'Osservatorio Carcere