13/11/2018
Proposte dell' ANM di controriforma: le osservazioni dell'Unione

Le proposte di riforma di ANM sono certamente contrarie a principi costituzionali, a Carte e Convenzioni Internazionali ed alla stessa ispirazione del codice accusatorio. Le osservazioni dell’Unione
 

La Giunta dell’UCPI, esaminato il documento approvato dalla Giunta dell’ANM e reso pubblico nei giorni scorsi, contenente proposte di modifica del Codice di Procedura penale, osserva:

Le proposte di riforma di ANM sono certamente contrarie a principi costituzionali, a Carte e Convenzioni Internazionali ed alla stessa ispirazione del codice accusatorio.

I. ANM propone l’abolizione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Lo fa con una norma scritta assai meglio dell’emendamento “galeotto” del Governo, ma la sostanza non cambia. Il processo penale che non finisce mai, addirittura con nuove decorrenze intermedie finalizzate a salvare le abnormi dilatazioni del tempo delle indagini. Come sanno benissimo i Magistrati del Pubblico Ministero, evidentemente ispiratori del progetto, l’avviso di conclusioni ex art. 415 bis del codice di rito viene solitamente emesso dopo molto tempo dalla effettiva conclusione delle investigazioni. Questa è una delle ragioni per le quali il legislatore non ha ritenuto di inserire tale atto nell’elenco degli atti interruttivi della prescrizione. L’accusa avrebbe in mano un formidabile strumento per allontanare il tempo dell’accertamento nel contraddittorio.

L’abolizione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado è contraria all’art. 111 della Costituzione che statuisce la ragionevole durata del processo. Un tempo ragionevole, e non infinito, del processo penale è diritto dell’imputato riconosciuto dall’art. 14 del Patto Internazionale sui diritti civili e politici approvato dall’Assemblea delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1966, e previsto dall’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

L’abolizione della prescrizione contrasta altresì con il principio costituzionale della “personalità” della responsabilità penale in quanto, come osserva la moderna dottrina più accreditata, un processo infinito (già “pena” esso stesso) finirebbe per riguardare altra persona, diversa dall’originario imputato, che ha diritto di sapere in tempi ragionevolmente brevi se ritenuto colpevole o innocente.

Essa è infine in contrasto anche con gli interessi delle persone danneggiate dal reato, le quali si vedrebbero coinvolte in un processo dalla durata infinita.

II. Vorrebbe ANM una profonda modifica del sistema delle notificazioni attraverso una vecchia proposta che è quella di scaricare sul difensore, spesso d’ufficio, e comunque sin dal primo atto, l’onere di rendere edotto l’accusato dell’esistenza del procedimento a suo carico. L’inefficienza del sistema verrebbe così formalmente superata con la certezza che la persona sottoposta all’indagine non sa della specifica accusa e non è stata posta nella condizione di difendersi. Pronunce della Corte Europea e riforma dei presupposti del processo in absentia cancellate –dunque - con un tratto di penna.

III. L’estensione del meccanismo di cui all’art. 190 bis c.p.p. e dell’art. 159 del codice penale per consentire, da un lato, l’aumento del novero dei reati che autorizzano il recupero probatorio, dall’altro la prescrizione infinita per la rinnovazione del dibattimento a causa del cambio del Giudicante, sono norme autoritarie, contrarie al sistema e proposte in spregio ai principi di oralità e immediatezza che caratterizzano l’accusatorio. Dovrebbe essere interesse primario delle parti del processo che il Giudice della decisione sia quello dinanzi al quale si è formata la prova, che ha colto incertezze e modi di rappresentazione della e nella prova dichiarativa, che ha provveduto ad ammettere la prova documentale o scientifica. Proporre nuovamente la distinzione tra contraddittorio nella formazione della prova e contraddittorio sulla valutazione della prova, vuol dire saltare a piè pari due decenni di letteratura processuale, negare diritti connaturati al processo accusatorio, vagheggiare l’instaurarsi di un sistema inquisitorio incompatibile con il modello costituzionale dettato dall’art. 111 Cost. Né deve sottacersi che il principio dell’oralità e della immutabilità del Giudice rappresenta una garanzia non solo per le parti processuali, ma per lo stesso Giudice chiamato a pronunciare sentenza.

Sulla stessa lunghezza d’onda è la ipotesi di riforma dell’art. 511 c.p.p., che porterebbe al recupero di materiale probatorio formatosi fuori dal contraddittorio.

IV. Proporre il processo virtuale in aule vuote, prevedendo addirittura l’audizione di testimoni periti e consulenti, per il tramite di “teleconferenze” vuol dire calpestare genuinità ed immediatezza della modalità acquisitiva della prova.

V. L’abolizione del divieto di reformatio in peius nel processo di appello è contraria a ciascuno ed a tutti insieme i principi del giusto processo. Tale principio è corollario dell’effettività del diritto di difesa e del diritto dell’imputato condannato ad ottenere la rivalutazione del primo giudizio. Neppure il Codice Rocco si era spinto ad immaginare la definitiva soppressione del favor rei.

La reintroduzione, ad un anno dalla sua abrogazione, dell’appello incidentale del PM, chiarisce ulteriormente la portata autoritaria del progetto di ANM. Sconcerta che a tale proposta venga dichiaratamente attribuita una funzione sanzionatoria finalizzata a dissuadere l’imputato dall’esercitare la sua facoltà legittima ed irrinunciabile di promuovere un secondo giudizio sul fatto di reato addebitatogli. Il tutto senza neppure confrontarsi con i limiti che il legislatore e prima ancora la Corte Europea hanno fissato in materia di reformatio in peius anche qualora il giudizio di appello sia richiesto dal Pubblico Ministero.

VI. L’estensione della confisca per equivalente è l’ulteriore dimostrazione dell’ispirazione giustizialista del progetto del Sindacato dei Magistrati. Si è volutamente dimenticata la natura sanzionatoria di tale misura, così ricorrendo ad uno strumento che ha le stimmate della misura di sicurezza.

E’ quello di ANM un progetto che va dunque respinto in toto, giacché esprime una idea del processo penale manifestamente in contrasto con la ratio ispiratrice dell’art. 111 della Costituzione.

A ciò si aggiunga che la tempistica di questa iniziativa di ANM, proposta qualche giorno dopo l’improvvisa manifestazione da parte del Governo di una estemporanea intenzione di “avviare una riforma del codice di procedura penale”, lascia intravvedere sinergie a dir poco allarmanti, ma soprattutto incompatibili con la pur manifestata intenzione di aprire “tavoli” di confronto e di costruttivo dialogo con l’avvocatura penale e con l’Accademia.

È nostra convinzione che i confronti vadano aperti a monte di una proposta tecnica, non a valle, misurando con anticipo ragioni, obiezioni, punti di vista, ferma poi - come è del tutto ovvio - la determinazione finale delle libere scelte di ciascuno.

L’Unione delle Camere Penali Italiane, per parte sua, conferma senza riserve la più ampia disponibilità al confronto ed al dialogo, che auspica venga finalmente corrisposta non solo negli annunci, ma nella concretezza degli atti, dei fatti e delle scelte adottate.

Roma, 13 novembre 2018

La Giunta

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