15/01/2019
La partecipazione dell' UCPI all'Assemblea degli Stati parte della Corte Penale Internazionale

Pubblichiamo il report sulla partecipazione all’Assemblea degli Stati parte della Corte Penale Internazionale presso L’Aia del 6-12 dicembre 2018

Come ogni anno, l’Assemblea degli Stati parte della Corte Penale Internazionale dell’Aia si è riunita in sessione plenaria.

I lavori della XVII sessione si sono svolti nella capitale olandese che, unitamente a New York, è sede istituzionale dell’organo politico/decisionale della Corte, ai sensi dello Statuto di Roma.

All’assemblea partecipano con diritto di voto le delegazioni diplomatiche di tutti gli Stati che hanno ratificato il trattato istitutivo della Corte, mentre altri Stati presenziano ai lavori in qualità di osservatori.

Numerosi stakeholder hanno titolo per essere accreditati con diritto di intervento durante il general debate: è il caso delle ONG, come Human Right Watch o No Peace without Justice.

Dopo anni di assenza dell’avvocatura, ignorata in quanto tale e dunque non invitata a partecipare a tale importante appuntamento istituzionale, a seguito della recente istituzione del ICCBA (International Criminal Court Bar Association), per il secondo anno consecutivo anche gli avvocati che patrocinano dinanzi alla Corte hanno attivamente partecipato ai lavori dell’assemblea.

L’UCPI - nell’ambito della crescente opera di sensibilizzazione dell’avvocatura penalistica italiana sui temi della giustizia penale internazionale e della tutela dei diritti umani - anche quest’anno ha voluto essere presente all’ASP, delegando Elisabetta Galeazzi, componente dell’Osservatorio Europa, quale proprio rappresentante.

La missione all’Aia ha perseguito il duplice scopo di implementare la conoscenza dei meccanismi di governo dell’unico organo permanente di giustizia penale internazionale, rafforzando al contempo i rapporti con l’organismo di rappresentanza dell’avvocatura dinanzi alla Corte Penale Internazionale.

Nell’agenda dei lavori della 17ª sessione dell’ASP ha spiccato, senza dubbio come degno di massima nota, il tema della cooperazione.

La cooperazione tra la Corte e gli Stati parte, insieme alla complementarietà, rappresenta uno dei pilastri su cui si regge tutto il sistema convenzionale di giustizia ai sensi dello Statuto di Roma.

Non è quindi un caso che, a vent’anni dalla istituzione della Corte, il focus dell’attenzione, anche politica, sul funzionamento della CPI si sia incentrato proprio sui progressi e le criticità in materia di cooperazione e di complementarietà.

Vale qui la pena rammentare, in brevissima sintesi, cosa si intenda ai sensi dello Statuto di Roma per complementarietà e cooperazione.

Com’è noto, la Corte Penale Internazionale è stata creata - e deve poter funzionare - come organo di giustizia last resort.

Ciò significa che tutti gli Stati che riconoscono la giurisdizione della CPI hanno anzitutto l’obbligo convenzionale di implementare e adeguare i propri ordinamenti giuridici interni, al fine di perseguire e giudicare - attraverso le relative giurisdizioni domestiche - i più gravi crimini che affliggono il consesso umano mondiale, così come disciplinati e previsti nello Statuto e nelle altre norme applicabili.

Laddove il principio di complementarietà si realizzasse in modo virtuoso ed esteso, l’attività giurisdizionale della CPI svolgerebbe un ruolo del tutto residuale. Se dunque questa è la direzione, o comunque l’ambizioso obiettivo che lo Statuto di Roma intende perseguire, è altresì vero che la strada da percorrere in tal senso è ancora lunga e perigliosa, con segnali non certo incoraggianti, rappresentati da un lato da continue minacce di abbandono da parte di un sempre crescente numero di Stati, mentre dall’altro lato le ratifiche delle grandi potenze mondiali tardano a concretizzarsi.

Dal canto suo, la Corte stessa non va esente da forti critiche, rispetto all’attività svolta dall’ufficio del procuratore, sia con riguardo alla scelta delle indagini da iniziare e coltivare, sia con riguardo alla capacità investigativa ed alla effettività della raccolta di prove in grado di reggere il vaglio dibattimentale.

Sotto questo profilo, si deve rammentare che la Corte non dispone di propri organi di polizia giudiziaria, dovendosi avvalere della collaborazione spettante agli Stati.

Si comprende dunque che la cooperazione degli Stati rappresenta l’architrave su cui si regge il concreto funzionamento del delicato sistema di giustizia penale sovranazionale di cui allo statuto di Roma.

La cooperazione degli Stati parte gioca pertanto un ruolo fondamentale, sia sul fronte investigativo, sia per quanto attiene l’applicazione delle misure coercitive, tanto in fase preventiva e cautelare quanto in fase di esecuzione di sanzioni definitive.

Per descrivere l’andamento in questo delicato ed imprescindibile rapporto tra la CPI e gli Stati parte, si potrebbe metaforicamente affermare che esso procede a corrente alternata.

Difatti, se in alcuni casi l’arresto e la consegna di latitanti sembra mostrare una perfetta sinergia fra la Corte e gli apparati dei differenti Stati, non altrettanto successo si è potuto riscontrare nei non rari e fallimentari tentativi della Corte di ottenere l’adempimento degli obblighi statutari connessi alla cooperazione da parte di autorità statali palesemente riottose e financo sprezzanti nel disattendere i propri impegni convenzionali. Come esempio iconico in tal senso, valga la tuttora mancata consegna del presidente Al Bashir (colpito da mandato d’arresto internazionale da parte della CPI), non soltanto da parte delle autorità governative sudanesi, ma anche da parte di molti altri Stati (in primis quelli africani), presso i quali lo stesso indagato continua liberamente a recarsi, in occasione di visite più o meno ufficiali.

Pertanto, alla vigilia della nomina del nuovo Procuratore, non stupisce al momento attuale che il tema della cooperazione rappresenti il principale stress test in termini di credibilità e di efficienza della CPI, in un quadro internazionale di sempre crescente instabilità, caratterizzato da numerosi conflitti che costituiscono quella che ormai molti osservatori e studiosi definiscono come una guerra mondiale diffusa.

Il consesso diplomatico nella 17ª sessione plenaria della ASP non poteva che produrre pressoché generali e condivise dichiarazioni di intenti positivi in materia di cooperazione, i cui risultati dovranno però poi essere messi alla prova, nel concreto delle dinamiche dei rapporti istituzionali tra la Corte e i singoli Stati.

Per gli approfondimenti, si rimanda al contenuto dei records, pubblicati sul sito ufficiale dell’Assemblea degli Stati parte della Corte Penale Internazionale:

https://asp.icc-cpi.int/EN_Menus/asp/sessions/documentation/17th-session/pages/default.aspx

Per gli statments dei singoli Stati si consulti:

https://asp.icc-cpi.int/en_menus/asp/sessions/general%20debate/Pages/GeneralDebate_17th_session.aspx

La risoluzione finale in materia di cooperazione è rinvenibile al seguente link:

https://asp.icc-cpi.int/en_menus/asp/resolutions/sessions/Pages/2018-17th-session.aspx

Per quanto d’interesse, si segnala all’attenzione anche lo statement dell’ICCBA:

https://asp.icc-cpi.int/iccdocs/asp_docs/ASP17/GD%20ICCBA%2006-12-2018.pdf

L’assemblea degli Stati parte è anche occasione di incontro e dibattito in numerosi side events, organizzati nel corso della durata di tutti i lavori ufficiali.

In data 11 dicembre 2018 anche l’ICCBA ha tenuto un proprio side event dal titolo "The Role of

the ICCBA in Supporting and Enhancing Positive Complementarity".

Il panel degli speakers ha visto la presenza del past president dell’ICCBA - il noto Collega londinese Karim Khan QC - ed una folta partecipazione di pubblico, inclusi ambasciatori, giudici della Corte e diplomatici rappresentativi delle delegazioni statali.

Roma, 15 gennaio 2019

L’Osservatorio Europa