30/09/2024
La Corte di Giustizia dell'Unione europea riafferma la centralità del principio della riservatezza del rapporto tra avvocato e cliente

Nota informativa sulla sentenza del 26 settembre 2024 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in causa C-432/23, con la quale la Corte si pronuncia circa la rilevanza e l’estensione del principio del segreto professionale che tutela le comunicazioni tra avvocato e cliente, e dunque sul valore di principio fondamentale del c.d. legal professional privilege che trova il proprio fondamento nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

 

  1. La vicenda e le questioni pregiudiziali

Un contenzioso amministrativo sviluppatosi in Lussemburgo tra l’amministrazione finanziaria ed uno studio di avvocati, con l’intervento dell’Ordine degli avvocati del Lussemburgo, offre la possibilità alla Corte di giustizia UE di ritornare sul principio del segreto professionale degli avvocati e del legal privilege, fornendo un chiarimento che ne estende e rafforza l’ambito di applicazione, contribuendo a chiarirne confini e limiti.

Nell’ambito di una procedura di cooperazione amministrativa tra le amministrazioni finanziarie di Spagna e Lussemburgo, ai sensi della Direttiva 2011/16/UE, quest’ultima richiede ad uno studio di avvocati costituito in società delle informazioni riguardanti delle attività poste in essere in Lussemburgo da dei soggetti di diritto spagnolo.

Lo studio si rifiuta di fornire le informazioni richieste, ritenendo che fossero state ottenute nell’ambito di una attivitá di consiglio giuridico e che fossero dunque coperte da segreto professionale venendo conseguentemente sanzionato in sede amministrativa con una ammenda di tipo finanziario.

Lo studio di avvocati impugna la sanzione innanzi al Tribunale amministrativo lussemburghese che pronunciandosi rigetta il ricorso degli avvocati e dichiara inammissibile la richiesta di d’intervento formulata dal locale Ordine degli avvocati.

Lo studio legale con il supporto dell’Ordine impugna dunque la decisione innanzi alla Corte amministrativa del Lussemburgo ponendo una serie di questioni giuridiche relative anche alla corretta interpretazione della direttiva e del diritto nazionale derivato oltre che sulla compatibilità di alcune disposizioni della direttiva con la Carta dei diritti fondamentali ed in specie con l’art. 7 CFDUE.

La Corte amministrativa lussemburghese a sua volta decide dunque di procedere ad un rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE, ponendo alla Corte di Giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

1) Se la consulenza legale fornita da un avvocato in materia di diritto societario - nella fattispecie in vista della costituzione di una struttura di società di investimento - rientri nell'ambito di applicazione della tutela rafforzata degli scambi tra gli avvocati e i loro clienti prevista dall'art. 7 della [Carta].

2) In caso di risposta affermativa alla prima questione, una decisione dell'autorità competente di uno Stato membro richiesto, emessa al fine di soddisfare una richiesta di scambio [di informazioni] su richiesta di un altro Stato membro sulla base della direttiva [2011/16], che ordina a un avvocato di fornirle sostanzialmente tutta la documentazione disponibile relativa ai suoi rapporti con il cliente, una descrizione dettagliata delle operazioni per le quali ha fornito consulenza, una spiegazione del suo coinvolgimento in tali processi e l'identificazione dei suoi contatti, costituisca un'ingerenza nel diritto al rispetto delle comunicazioni tra un avvocato e il suo cliente garantito dall'articolo 7 della [Carta].

3) In caso di risposta affermativa alla seconda questione, se la direttiva 2011/16 sia conforme agli articoli 7 e 52, paragrafo 1, della Carta, in quanto, ad eccezione dell'articolo 17, paragrafo 4, della stessa, non contiene alcuna disposizione che consenta formalmente di interferire con la riservatezza degli scambi tra gli avvocati e i loro clienti nell'ambito del sistema di scambio [di informazioni] su richiesta e che definisca essa stessa la portata della limitazione all'esercizio del diritto in questione.

4. In caso di risposta affermativa alla terza questione, se le norme che disciplinano l'obbligo di collaborazione degli avvocati (o di uno studio legale) in qualità di terzi nel contesto dell'applicazione del meccanismo di scambio [di informazioni] su richiesta introdotto dalla direttiva 2011/16, in particolare le limitazioni specifiche volte a tenere conto dell'impatto del loro segreto professionale, siano disciplinati dalle disposizioni del diritto interno di ciascuno Stato membro che disciplinano l'obbligo degli avvocati, in quanto terzi, di collaborare alle indagini fiscali nell'ambito dell'applicazione del diritto tributario nazionale, conformemente al riferimento di cui all'articolo 18, paragrafo 1, di tale direttiva.

5) In caso di risposta affermativa alla quarta questione, se, per essere conforme all'articolo 7 della [Carta], una disposizione di legge nazionale che stabilisce le norme che disciplinano l'obbligo degli avvocati di cooperare in qualità di terzi, come quella applicabile nel caso di specie, debba contenere disposizioni specifiche che:

- garantiscano il rispetto del contenuto essenziale della riservatezza delle comunicazioni tra gli avvocati e i loro clienti; e

- stabiliscano condizioni speciali per garantire che l'obbligo di cooperazione degli avvocati sia ridotto a quanto appropriato e necessario per raggiungere l'obiettivo della direttiva 2011/16.

(6) In caso di risposta affermativa alla quinta domanda, le condizioni speciali per garantire che la collaborazione degli avvocati nell'indagine fiscale sia ridotta a quanto appropriato e necessario per raggiungere l'obiettivo della direttiva 2011/16 dovrebbero includere l'obbligo per l'autorità competente dello Stato membro richiesto di:

- effettuare un controllo rafforzato per verificare se lo Stato membro richiedente abbia effettivamente sfruttato in anticipo le consuete fonti di informazione a cui può ricorrere per ottenere le informazioni richieste senza correre il rischio di compromettere il raggiungimento di tali obiettivi, conformemente all'articolo 17 [paragrafo] 1 della direttiva 2011/16; e/o

- aver prima contattato senza successo altri potenziali detentori di informazioni per potersi rivolgere, in ultima istanza, a un avvocato in qualità di potenziale detentore [di informazioni]; e/o

- effettuare, in ogni singolo caso, un bilanciamento tra, da un lato, l'obiettivo dell'interesse generale e, dall'altro, i diritti in questione, in modo tale che un'ingiunzione possa essere validamente emessa nei confronti di un avvocato solo se sono soddisfatte condizioni aggiuntive, come il requisito che le poste finanziarie coinvolte nel controllo in corso nello Stato membro richiedente raggiungano o siano suscettibili di raggiungere una certa importanza o possano rientrare nell'ambito del diritto penale...”.

Le questioni poste dai giudici amministrativo del Lussemburgo sono quindi assai precise e specifiche e consentono alla Corte di giustizia, nella composizione a 5 giudici (Seconda sezione), di ripercorrere la propria giurisprudenza e le posizioni della Corte europea dei diritti dell’uomo, fornendo una lettura rafforzata del segreto professionale e del legal privilege come vigente nel diritto unionale e nel sistema di tutela dei diritti fondamentali della Corte europea dei diritti dell’uomo.

  1. La decisione della Corte di giustizia di giustizia dell’Unione Europea

Alle prime due questioni la Corte risponde nel senso che La protezione specifica offerta dall'articolo 7 della Carta e dall'articolo 8, paragrafo 1, della CEDU al segreto professionale degli avvocati, che si riflette soprattutto negli obblighi che incombono loro, è giustificata dal fatto che agli avvocati è affidato un compito fondamentale in una società democratica, ossia la difesa delle parti in causa.

Tale compito fondamentale comprende, da un lato, il requisito, la cui importanza è riconosciuta in tutti gli Stati membri, secondo cui ogni persona sottoposta a giudizio deve poter avere pieno accesso al proprio avvocato, la cui professione comprende, per sua stessa natura, il compito di fornire, in modo indipendente, consulenza legale a tutti coloro che ne hanno bisogno e, dall'altro, il corrispondente requisito di lealtà da parte dell'avvocato nei confronti del proprio cliente.

Dalle considerazioni che precedono si evince che la consulenza legale fornita da un avvocato gode, indipendentemente dal settore del diritto a cui si riferisce, della tutela rafforzata garantita dall'articolo 7 della Carta alle comunicazioni tra un avvocato e il suo cliente. Ne consegue che un'ingiunzione come quella oggetto della causa a quo costituisce un'ingerenza nel diritto al rispetto delle comunicazioni tra un avvocato e il suo cliente garantito da tale articolo.

La Corte dunque rispondere alle prime due questioni dichiarando che l'articolo 7 della Carta deve essere interpretato nel senso che la consulenza legale fornita da un avvocato in materia di diritto societario rientra nell'ambito di applicazione della tutela rafforzata degli scambi tra un avvocato e il suo cliente garantita da tale articolo, con la conseguenza che una decisione che ordini a un avvocato di fornire all'amministrazione dello Stato membro richiesta ai fini di uno scambio di informazioni su richiesta previsto dalla direttiva 2011/16, tutta la documentazione e le informazioni relative ai suoi rapporti con il cliente, attinenti a tale consultazione, costituisce un'ingerenza nel diritto al rispetto delle comunicazioni tra un avvocato e il suo cliente, garantito dalla Carta.

Alla terza e alla quarta questione la Corte risponde che ai fini dello scambio di informazioni su richiesta previsto dalla direttiva 2011/16, il legislatore dell'UE si è limitato a stabilire gli obblighi reciproci degli Stati membri, autorizzandoli a non dare seguito a una richiesta di informazioni se lo svolgimento delle indagini richieste o la raccolta delle informazioni in questione sono contrari alla loro legislazione. Pertanto, il legislatore dell'UE ha lasciato agli Stati membri il compito di garantire che le loro procedure nazionali per la raccolta di informazioni ai fini di tale scambio siano conformi alla CDFUE, in particolare all'articolo 7.

Ne consegue che il fatto che il sistema di scambio di informazioni su richiesta previsto dalla sezione I del capo II della direttiva 2011/16 non includa disposizioni relative alla tutela della riservatezza delle comunicazioni tra un avvocato e il suo cliente, nell'ambito della raccolta di informazioni che è di competenza dello Stato membro richiesto, non significa che tale direttiva violi l'articolo 7 e l'articolo 52, paragrafo 1, della Carta. Da tale direttiva risulta che, ai sensi dell'articolo 51, paragrafo 1, della Carta, spetta a ciascuno Stato membro assicurare, nell'ambito delle procedure nazionali attuate ai fini di tale raccolta, la tutela rafforzata delle comunicazioni tra un avvocato e il suo cliente garantita dall'articolo 7 della Carta stessa.

Pertanto, ciascuno Stato membro deve garantire che qualsiasi limitazione all'esercizio dei diritti garantiti dall'articolo 7 derivante da tali procedure nazionali sia “prevista dalla legge” ai sensi dell'articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

Conseguentemente la Corte risponde alla terza e alla quarta questione nel senso che l'esame degli aspetti cui esse si riferiscono non ha rivelato alcun elemento idoneo a inficiare la validità della direttiva 2011/16 alla luce degli articoli 7 e 52, paragrafo 1, della CDFUE vigendo sostanzialmente un obbligo di interpretazione del diritto UE conforme alle disposizioni della Carta.

Alla quinta ed alla sesta questione la Corte risponde, invece nel senso che la tutela rafforzata delle comunicazioni tra un avvocato e il suo cliente è applicabile indipendentemente dal settore del diritto in cui la consulenza o la rappresentanza è fornita al cliente.

Ciò premesso è importante tenere presente che i diritti sanciti dall'articolo 7 della Carta non appaiono come prerogative assolute, ma devono essere considerati in relazione alla loro funzione nella società. Infatti, come risulta dall'articolo 52, paragrafo 1, della Carta, quest'ultima ammette limitazioni all'esercizio di tali diritti, a condizione che tali limitazioni siano previste dalla legge, rispettino il contenuto essenziale di tali diritti e, nel rispetto del principio di proporzionalità, siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall'Unione europea o all'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui (si vedano in tal senso la causa C-623/22, Associazione belga degli avvocati fiscalisti e altri, C-623/22, punto 134).

Nel caso di specie l'articolo 177, paragrafo 2, della norma nazionale lussemburghese di implementazione della direttiva vieta all'avvocato che sia oggetto di una richiesta di comunicazione di informazioni alle autorità di rifiutare l'accesso alle informazioni che gli sono state affidate nell'esercizio della sua professione, nella misura in cui esse riguardino fatti di cui sia venuto a conoscenza nell'ambito della consulenza o della rappresentanza da lui fornita in materia fiscale e a meno che non si tratti di questioni la cui risposta esporrebbe il suo cliente al rischio di un procedimento penale.

La conseguenza di tale divieto è che nessuno dei contenuti degli scambi tra un avvocato e il suo cliente in materia fiscale, che siano avvenuti nel corso della consulenza o della rappresentanza legale, ad eccezione di quelli che esporrebbero il cliente al rischio di un procedimento penale, può essere tenuto segreto alle autorità fiscali. Conseguentemente e in linea con quanto così previsto dall'articolo 177 della disciplina lussemburghese AO, l'ingiunzione impugnata, dopo aver ribadito l'obbligo, a pena di ammenda, di produrre, in modo completo, accurato e senza alterazioni, le informazioni richieste, dopo che lo studio legale aveva indicato di ritenere che il segreto professionale cui è tenuta impedisse tale produzione, ha anche la conseguenza che nessuno dei contenuti degli scambi tra lo studio legale e il suo cliente, relativi alla costituzione delle strutture di società di investimento in questione, può essere tenuto segreto all'amministrazione che emette tale ingiunzione.

A questo proposito, occorre ricordare che l'articolo 7 della Carta garantisce la segretezza della consulenza legale fornita da un avvocato per quanto riguarda la sua esistenza e il suo contenuto. Pertanto, le persone che si rivolgono a un avvocato possono ragionevolmente aspettarsi che le loro comunicazioni rimangano private e riservate e, salvo situazioni eccezionali, possono confidare nel fatto che il loro avvocato non rivelerà a nessuno, senza il loro consenso, di averlo consultato.

Certo, la Corte ha affermato, in particolare, a tale riguardo, che l'obbligo di notifica previsto dall'articolo 8 ter, paragrafo 5, della direttiva 2011/16, come modificata dalla direttiva 2018/822, non può essere considerato tale da pregiudicare il contenuto essenziale del diritto al rispetto delle comunicazioni tra gli avvocati e i loro clienti, sancito dall'articolo 7 della Carta. Tuttavia, la Corte è giunta a tale conclusione dopo aver rilevato che tale obbligo comportava solo in misura limitata la rinuncia, nei confronti di un terzo intermediario e delle autorità fiscali, alla riservatezza delle comunicazioni tra l'avvocato intermediario e il suo cliente e, in particolare, che tale disposizione non prevedeva l'obbligo, o addirittura l'autorizzazione, per l'avvocato intermediario di condividere, senza il consenso del suo cliente, le informazioni relative al contenuto di tali comunicazioni (Orde van de Vlaamse Balies e a., punti 39 e 40).

Nel caso di specie, come rilevato dall' Avvocato generale nelle conclusioni rese nella causa, l'articolo 177 della norma interna, esentando quasi completamente dalla tutela rafforzata di cui deve godere il segreto professionale degli avvocati ai sensi dell'articolo 7 della Carta il contenuto delle consulenze fornite dagli avvocati in materia fiscale, vale a dire la totalità di un ramo del diritto in cui gli avvocati sono suscettibili di consigliare i loro clienti, rende tale tutela priva della sua stessa sostanza in tale ramo del diritto. Dal canto suo, l'ingiunzione in questione, in quanto sembra partire dal presupposto che l'inapplicabilità del segreto professionale derivante dalla disciplina nazionale autorizzi le autorità fiscali a richiedere l'intero fascicolo detenuto dallo studio legale, compresi in particolare i dettagli del contenuto di tutte le comunicazioni tra lo studio legale ed il suo cliente.

In tali circostanze, si deve ritenere che una disposizione nazionale come l'articolo 177 in questione e la sua applicazione nel caso di specie, mediante l'ingiunzione impugnata, lungi dall'essere limitate a situazioni eccezionali, violino il contenuto essenziale del diritto garantito dall'articolo 7 della Carta per la portata stessa della violazione del segreto professionale che autorizzano in relazione alle comunicazioni tra gli avvocati e i loro clienti.

Da tutte le considerazioni che precedono risulta che un'ingiunzione come quella in esame viola il contenuto essenziale del diritto al rispetto delle comunicazioni tra gli avvocati e i loro clienti e costituisce pertanto un'ingerenza che non può essere giustificata ai sensi del diritto UE.

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla quinta e alla sesta questione dichiarando che gli articoli 7 e 52, paragrafo 1, della Carta devono essere interpretati nel senso che ostano a un'ingiunzione come quella oggetto di causa, basata su una normativa nazionale in forza della quale la consulenza e la rappresentanza da parte di un avvocato in materia fiscale non beneficiano, salvo in caso di rischio di procedimento penale a carico del cliente, della tutela rafforzata delle comunicazioni tra avvocato e cliente garantita dall'articolo 7.

In conseguenza della ricostruzione offerta la Corte riafferma dunque la centralità del segreto professionale e del legal privilege nel sistema di tutela dei diritti vigente in Europa, estendendone l’ambito di applicazione ben oltre il campo del diritto penale laddove tradizionalmente tale principio ha avuto applicazione.

  1. Il dispositivo della pronuncia

Il dispositivo emesso dalla Corte di giustizia, pronunciandosi sul rinvio pregiudiziale della Corte amministrativa lussemburghese, stabilisce dunque che:

L'articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea deve essere interpretato nel senso che :

la consulenza legale fornita da un avvocato in materia di diritto societario rientra nell'ambito di applicazione della tutela rafforzata degli scambi tra l'avvocato e il suo cliente garantita da tale articolo, di modo che una decisione che imponga a un avvocato di fornire all'amministrazione dello Stato membro richiesto, ai fini di uno scambio di informazioni su richiesta previsto dalla direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE, tutta la documentazione e le informazioni relative a tali scambi, del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE, tutta la documentazione e le informazioni relative ai suoi rapporti con il cliente, nell'ambito di tale consultazione, costituisce un'ingerenza nel diritto al rispetto delle comunicazioni tra un avvocato e il suo cliente, garantito da tale articolo.

2) Dall'esame degli aspetti cui si riferiscono la terza e la quarta questione non è emerso alcun elemento tale da inficiare la validità della direttiva 2011/16 alla luce degli articoli 7 e 52 della Carta dei diritti fondamentali.

3) Gli articoli 7 e 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali devono essere interpretati nel senso che ostano a un'ingiunzione come quella descritta al punto 1 del presente dispositivo, fondata su una normativa nazionale in forza della quale la consulenza e la rappresentanza da parte di un avvocato in materia fiscale non beneficiano, se non in caso di rischio di procedimento penale a carico del cliente, della tutela rafforzata delle comunicazioni tra un avvocato e il suo cliente garantita da tale articolo 7.

Roma, 30 settembre 2024.

L’Osservatorio Europa UCPI

La sentenza (ancora solo nella versione in francese) è accessibile qui