04/12/2024
Le illuminanti parole dei familiari di Giulia Cecchettin

I soliti populisti hanno perso l’ennesima occasione per tacere e per riflettere sulle illuminanti parole dei familiari di Giulia Cecchettin. La nota della Giunta e dell’Osservatorio Carcere

Che alcuni rappresentanti della politica e del governo non riescano ad opporre valida resistenza alla irrefrenabile libidine delle parole in libertà, ancor più se inutili e dannose, non rappresenta più una spiacevole ed eccezionale sorpresa.

E così, anche oggi, dopo nemmeno 50 minuti dalla lettura del dispositivo di condanna all’ergastolo, da parte della Corte di Assise di Venezia, per Filippo Turetta, per l’assassinio della povera Giulia Cecchettin, un profluvio inarrestabile di commenti lapidari e trancianti, da parte di esponenti di una politica rabbiosa, arrabbiata, incapace di assumersi le responsabilità delle proprie deficienze, ha inondato le redazioni dei giornali e i social più diffusi.

Una politica ignorante e che mostra soprattutto una distanza siderale dalla grande compostezza e dalle lezioni di profonda civiltà impartite a tutti dai familiari, per primo il padre, di Giulia Cecchettin.

Eccezionali moniti all’intera comunità dei cittadini, dei governanti, dei giornalisti e dei giuristi, ci sono sembrate le parole pronunciate da Gino Cecchettin, «Abbiamo perso tutti, come società» e «La violenza di genere non si combatte con le pene», o quelle della nonna di Giulia, Carla Gatto, secondo cui non ci si può sentire soddisfatti per una sentenza.

Davvero lezioni di grande civiltà che segnano la insuperabile distanza con la società politica e con i nostri governanti, impegnati, come sempre, a diffondere sguaiati e rabbiosi spot per la solita propaganda populista da bassifondi.

Così, il ministro Salvini, perdendo una ghiotta occasione per tacere, si lancia in spericolati auspici di “lavori forzati” per l’imputato Turetta perché la sua detenzione non gravi economicamente sulla collettività.

Forse il Ministro Salvini non conosce affatto le convenzioni internazionali vincolanti per l’Italia, fra tutte la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, comunemente nota come Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), sottoscritta proprio a Roma il 4 novembre 1950 e che all’art. 4 stabilisce che “Nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato o obbligatorio”, così come analogamente statuito dall’art. 5 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, adottata con il Trattato di Lisbona del 1 dicembre 2009.

Forse le conosce e allora, cosa ben più grave, intenzionalmente le calpesta e con esse calpesta la Costituzione e quei principi che rappresentano un baluardo di civiltà e soprattutto impediscono che la nostra società precipiti verso la barbarie.

Nell’un caso e nell’altro, in ogni caso, il Ministro dimostra una netta e incolmabile distanza con i valori di civiltà che hanno espresso i familiari stretti della povera Cecchettin, nonché l’assoluta urgenza di un accelerato corso di alfabetizzazione costituzionale a cui magari invitare gli altri noti esponenti del governo e del Parlamento, purtroppo non pochi, che, da una parte e dall’altra, ostendono una clamorosa ignoranza, oltre che il vilipendio della Costituzione e della Repubblica italiana.

Se invece, il Ministro Salvini intendeva denunziare il fallimento economico – per noi anche sociale – del sistema penitenziario italiano che costa a tutti i cittadini più di 3 miliardi di euro l’anno, incapace di svolgere adeguata attività di risocializzazione e di reinserimento sociale, inutile alla prevenzione della recidiva giunta oramai al 70% di ricaduta nei reati, senza rispetto alcuno per la dignità dei detenuti e di coloro che svolgono la loro attività lavorativa, foriero del più alto numero di morti “in e di” carcere mai registrato prima d’ora, allora si attivi per una sessione parlamentare per discutere pubblicamente delle condizioni attuali delle carceri italiane, consentendo, così, ad un Parlamento, troppo muto, di intraprendere un percorso illuminato di riforme.

In entrambi i casi, potrà contare sul contributo della comunità di penalisti che si spende continuamente per il superamento delle condizioni di inciviltà in cui si trova il mondo delle carceri italiane.

Roma, 4 dicembre 2024
La Giunta
L’Osservatorio carcere UCPI

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