09/05/2025
Non è incostituzionale l'abrogazione del reato di abuso d'ufficio.

La nota dell’Unione e dell’Osservatorio Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale ha respinto le eccezioni di incostituzionalità della legge n. 114 del 2024 che aveva abrogato l’abuso di ufficio (art. 323 c.p.). La Corte – si legge nel comunicato stampa – ha ritenuto ammissibili le sole questioni relative alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (detta Convenzione di Merida), considerandole, tuttavia, infondate perché non sussiste l’obbligo di prevedere il reato di abuso d’ufficio, né il divieto di abrogarlo ove già presente nell’ordinamento nazionale (c.d. clausola di stand still).

L’Unione è intervenuta nel giudizio con ben cinque memorie (amicus curiae), elaborate dall’Osservatorio Corte Costituzionale (tutte ammesse dalla Consulta con decreto del 2 aprile 2025), e richiamate nella relazione svolta dal Consigliere relatore davanti alla Corte, nelle quali ha costantemente affermato l’inesistenza di un “obbligo internazionale di incriminazione” e di una clausola di stand still. Secondo l’Unione, l’architrave delle censure, l’art. 19 della Convenzione di Merida – significativamente rubricato (tra l’altro) “reati non obbligatori” – non prescrive affatto, come sostenuto nelle ordinanze di rimessione, l’incriminazione dell’abuso di ufficio ma solo («shall consider adopting») di valutare le misure legislative necessarie a contrastare queste condotte.

L’Unione ha sottolineato la differenza di questa formula rispetto ad altre locuzioni ben più cogenti della stessa Convenzione. Si pensi alla locuzione «shall adopt» degli artt. 16 e 17. Da escludere anche la fondatezza del riferimento alla clausola di stand still ovvero all’esistenza di un preteso obbligo di non depenalizzare il reato di abuso di ufficio dopo l’entrata in vigore della Convenzione.

Questa prescrizione, priva di una base testuale e teorica schiettamente riconoscibile, nei limiti (non incontroversi) in cui è ammessa a livello internazionale, non opera nella materia delle condotte di infedeltà dei pubblici ufficiali ma quando sono in gioco diritti umani nel contesto di un vero e proprio sistema, come nel caso della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

L’Unione, pertanto, esprime piena soddisfazione per questa decisione che riconosce la fondatezza degli argomenti formulati nelle memorie presentate alla Corte e scongiura le gravissime conseguenze sul piano dei principi del diritto costituzionale che la dichiarazione di illegittimità dell’abrogazione dell’abuso di ufficio avrebbe avuto. Sull’opportunità politico-criminale della cancellazione dell’art. 323 c.p. si può discutere. Le pur legittime perplessità sul nuovo assetto dei reati contro la pubblica amministrazione non giustificano arretramenti sul versante del principio di irretroattività della legge penale sfavorevole, che sarebbe stato travolto dalla dichiarazione di incostituzionalità della legge n. 114 del 2024, e non legittimano l’istituzione su larghissima scala di obblighi di incriminazione internazionale, su basi testuali così fragili, che comporterebbe la fondamentale funzione di garanzia del principio della riserva di legge in materia penale.

Roma, 9 maggio 2025

La Giunta

L’Osservatorio Corte Costituzionale

 


 

LE NOTE AMICUS CURIAE DELL'UNIONE DLLE CAMERE PENALI ITALIANE

 

 

 

 DOWNLOAD