06/04/2020
Processo a distanza: le osservazioni del Centro Marongiu

Le Osservazioni del Centro Marongiu sull'emendamento governativo di cui agli Atti Senato 1766, concernente il c.d. processo a distanza.

Osservazioni sull’emendamento governativo di cui agli Atti Senato 1766, concernente il cd. processo a distanza.

L’emendamento governativo sul cd. processo a distanza confligge, innanzitutto, con l’art. 111 comma 1 Cost., laddove è stabilito che <la giurisdizione si attua secondo il giusto processo regolato dalla legge>.

Il testo che si vorrebbe introdurre nell’ordinamento ha il carattere di norma processuale in bianco, che demanda a un provvedimento nientemeno che del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia il compito di disciplinare le modalità tecniche del processo a distanza.

Di fronte a un processo che si distinguerebbe proprio per la tecnologia impiegata, non è costituzionalmente legittimo sottrarre alla legge la funzione di pre-stabilire le regole di gestione che dovrebbero presiedere alla sua trattazione.

Assolutamente generica e priva della necessaria determinatezza è la previsione che lo svolgimento dell’udienza avvenga <con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti​>.

Soprattutto, non può essere altri che il legislatore ad individuare le modalità che siano idonee a tutelare quei princìpi costituzionali.  Appare davvero bizzarro, oltre che in conflitto con la Carta fondamentale, immaginare che la salvaguardia -in concreto- del contraddittorio e del diritto di partecipare all’udienza possano essere affidati alle mani di un alto burocrate governativo, eretto a nuovo arbitro supremo del giusto (?) processo. E’, infatti, fin troppo manifesto come la consistenza tecnologica rappresenti esattamente l’oggetto della disciplina che è funzionale a smaterializzare l’atto processuale; un oggetto di disciplina che l’art. 111 comma 1 Cost. riserva espressamente alla legge.

Tra i pessimi effetti dell’emergenza, tocca annoverare anche la tentazione dell’esecutivo, quasi un riflesso pavloviano, a regolare abitualmente i diritti fondamentali per mezzo di provvedimenti amministrativi. Il Covid, oltre alle troppe vite strappate, non può implicare anche questo disinvolto travolgimento delle regole costituzionali.

Il contraddittorio tra le parti dovrebbe e deve svolgersi davanti al giudice terzo e imparziale, a mente dell’art. 111 comma 2 Cost. Non davanti a un monitor, incapace -anche se assistito dalla più evoluta tecnologia- di garantire l’immediatezza tipizzante il giusto processo: chiunque abbia, in questi anni o in questi giorni, sperimentato -sia pure ad altri scopi- la comunicazione in videoconferenza è perfettamente in grado di attestare l’incompatibilità del mezzo con un contraddittorio reale, fatto di istantaneità di interventi e parole, i cui effetti -differiti dalla comunicazione telematica- sarebbero  pregiudicati inesorabilmente.

Sembra banale, ma è invece utile ricordare con forza che l’etimologia e il significato letterale della parola immediatezza è quello di “non mediato, che non conosce mediazioni, che non ha nulla di interposto nel tempo e nello spazio”.

Il processo a distanza è dunque l’esatto contrario dell’immediatezza.

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Nel merito, l’emendamento -qualora approvato- produrrebbe esecrabili conseguenze sul piano pratico. Piano inscindibile da quello dei princìpi, perché destinato ad assicurarne l’effettività.

Soffermiamoci sui primi rilievi che balzano in mente:

  • Chi gestirà le modalità di apertura dei microfoni nella postazione difensiva da remoto? Sarà prevista la rinnovazione di atti compiuti durante un collegamento parzialmente deficitario? Che cosa accadrà in caso di interruzioni? Verrà imposto al difensore un dovere di conformazione tecnologica, con relativi oneri economici a suo carico? Quali sarebbero le conseguenze, nell’ipotesi in cui il legale non disponesse di hardware e software adeguati? I quesiti potrebbero proseguire, ma quelli enucleati bastano a rendere l’idea di come le risposte, giuridiche prima che tecniche, non possano essere fornite dal dirigente dell’ufficio ministeriale individuato nell’emendamento.
  • Non può tacersi, poi, come il compito di attestare l’identità del proprio assistito, libero e presente nella postazione remota del difensore, trasformi quest’ultimo in un pubblico ufficiale, gravato delle relative responsabilità penali.
  • L’esigenza sanitaria del distanziamento tra persone può essere spensieratamente derogata per imputato e difensore, visto che l’emendamento imporrebbe loro di condividere il medesimo spazio fisico (magari l’abitazione dell’avvocato…)?
  • Quale sarà il modo di documentare gli atti del processo on line?
  • Come si procederà, all’apprensione materiale, in caso di richiesta di acquisizione di prova documentale? Come potrà il giudice valutare la genuinità di un documento non disponibile nella sua materialità?
  • Come sarà articolata la cross examination dei testimoni di polizia giudiziaria, dei consulenti e dei periti? Sarà il processo a distanza a soddisfare la nostalgia inquisitoria per i “conferma, conferma”, delle relazioni scritte? La distinzione che l’emendamento opera tra tipologie di “dichiaranti” solleva inquietanti perplessità: viene, di fatto, configurato un contraddittorio affievolito proprio attorno a deposizioni che spesso assumono rilievo preponderante nel convincimento del giudice (si pensi, soltanto, al peso della prova scientifica. E ci si interroghi sul destino dei consulenti tecnici della difesa, di cui non si afferra l’ubicazione).
  • L’ostacolo alla celebrazione del processo on line, rappresentato dalle audizioni testimoniali non qualificate, non diverrà l’alibi per tagliare liste testimoniali o contrarre il diritto a difendersi provando?
  • Come sarà garantita la segretezza della discussione nella camera di consiglio virtuale, prevista addirittura per i processi di competenza della corte d’assise? Come sarà garantito il segreto presso la postazione remota costituita dall’abitazione dei giudici?
  • Considerato che la previsione della partecipazione a distanza, compresa la fase della deliberazione della sentenza, si applicherebbe, in via ordinaria, anche al giudizio di cassazione, quali ricadute si produrranno sulla già flebile collegialità delle decisioni dell’organo giurisdizionale supremo?
  • Riguardo alla cassazione, l’emendamento trasforma tutte le udienze camerali partecipate, in camerali a contraddittorio cartolare. La richiesta di partecipazione, del difensore del ricorrente, ha l’effetto di ottenere un processo a distanza, ma verrebbe sanzionata -inopinatamente e incredibilmente-con la sospensione di prescrizione e termini di custodia cautelare, sino alla celebrazione del giudizio on line: reclamare una garanzia, assume un disvalore da far scontare al malcapitato imputato.

I provvedimenti veicolati nell’emendamento governativo vengono presentati come provvisori, legati all’emergenza sanitaria. Si avverte, tuttavia, il timore che in avvenire i nemici del processo accusatorio possano attingervi, per stabilizzare domani quel che si sperimenta oggi.  Alla base dell’intuibile disegno, sta l’idea che il rito e le forme siano soltanto un ostacolo tra l’imputazione e la condanna; l’ostilità, tanto diffusa, verso la presunzione di non colpevolezza; la cieca fiducia nella verità delle Procure della Repubblica.

Smaterializzare il processo rischia di essere il primo passo per renderlo virtuale. L’avvio di un declivio che porta inesorabilmente alla sostituzione dei giudici con le justice machines preconizzate da Jacques Charpentier.

 

Roma, 5 aprile 2020

 

Il Centro Studi Giuridici e Sociali “Aldo Marongiu”

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