06/05/2024
Prime brevi riflessioni sull'impianto del DDL governativo in materia di intelligenza artificiale e giustizia penale

Disegno di legge sull’intelligenza artificiale: emerge l’urgente necessità di dotare l’ordinamento giuridico di una disciplina dettagliata dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

Il documento della Giunta e dell’Osservatorio scienza, processo e intelligenza artificiale

Come noto, il Consiglio dei ministri ha licenziato nella giornata del 23 aprile u.s. il disegno di legge in materia di intelligenza artificiale.

Il testo della proposta di legge è stato preannunciato da numerosi interventi sugli organi di stampa da parte degli esponenti del Governo, che hanno manifestato l’intenzione di conferire una disciplina concernente l’impatto dei sistemi di intelligenza artificiale nei settori nevralgici della amministrazione pubblica.

Per quanto concerne la disciplina dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale nell’attività giudiziaria, il provvedimento, rispetto alle attese, appare molto meno ambizioso ed esaustivo.

Più in particolare, il DDL dedica alla delicata materia soltanto l’art. 14, composto di due sintetici commi, nell’ambito dei quali emergono, prima facie, mere petizioni di principio, prive di norme prescrittive e cogenti idonee a modificare l’assetto normativo vigente.

È prevalsa la preoccupazione di restringere l’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale nell’attività giudiziaria alla sola fase di organizzazione del lavoro degli Uffici, senza alcuna interferenza sui processi giurisdizionali. Al comma 1 dell’art. 14, infatti, è genericamente previsto che “I sistemi di intelligenza artificiale sono utilizzati esclusivamente per l’organizzazione e la semplificazione del lavoro giudiziario, nonché per la ricerca giurisprudenziale e dottrinale”.

Tale scelta di fondo, tuttavia, risulta estremamente generica e non corredata da alcuna disposizione che valga ad escludere l’acquisizione al processo e la valutazione ai fini della decisione da parte del giudice di evidenze probatorie formate con l’ausilio dei sistemi algoritmici.

La succinta disciplina che si vuole introdurre, pertanto, non parrebbe idonea, a legislazione vigente, ad escludere l’utilizzo nel procedimento penale, per la fase delle indagini preliminari (la cd. “polizia predittiva”) e per il dibattimento, dei sistemi di intelligenza artificiale, con riferimento all’assunzione delle prove, nonché con riguardo all’ausilio del giudice nella pronuncia della sentenza. Ausilio, invero, non escluso dall’AI Act, purché non totalizzante e trasparente.

La lacuna normativa si evidenzia ancor più nella delicata fase delle indagini, nella quale “gli algoritmi predittivi pongono in essere una pervasiva e incisiva attività di monitoraggio ed elaborazione dei dati. E proprio nel contesto di tali dinamiche che i sistemi di intelligenza artificiale possono entrare in conflitto con i diritti fondamentali dell’individuo” (Lorenzo Algeri, “Software di polizia predittiva” in “La decisione penale tra intelligenza emotiva e intelligenza artificiale”, Aa.Vv, a cura di Baccari-Felicioni, Giuffrè, 2023, p. 91).

La ratio legis, volta ad escludere l’utilizzo dei sistemi algoritmici per l’attività giurisdizionale, quindi, sarebbe ricavabile soltanto per via induttiva.

In difetto di precisi divieti probatori, la formulazione generica prescelta dall’art. 14, comma 1, parrebbe limitata ad una “scelta di fondo”, ovvero una posizione di principio sfornita di effettiva tutela e relativa sanzione processuale.

Nondimeno, tale lettura sistematica non parrebbe smentita dalla stesura del comma 2 dell’art. 14, il quale recita testualmente: “E’ sempre riservata al magistrato la decisione sull’interpretazione della legge, la valutazione dei fatti e delle prove e sull’adozione di ogni provvedimento”.

Anche in questo caso, se la ratio legis che ispira tale formulazione è quella di attribuire la responsabilità esclusiva del procedimento di acquisizione/utilizzazione/decisione della prova all’essere umano “magistrato”, e mai alla macchina, la previsione normativa risulta nuovamente sprovvista di meccanismi di esclusione probatoria e di vincolo valutativo idonei a garantire il risultato sotteso.

In altri termini, allo stato dell’arte il procedimento probatorio nel suo complesso, e quindi l’attività giurisdizionale correlata, rimangono regolati nel sistema vigente soltanto dagli artt. 189, 190, 191, 546, 606 c.p.p.

 

Al riguardo come si è puntualmente osservato in sede di audizione [1]l’ordinamento vigente consente già l’introduzione nel processo di prove generate dai sistemi algoritmici anche per il vicolo, nemmeno così stretto, delle prove atipiche non disciplinate dalla legge ed utili all’accertamento dei fatti ai sensi dell’art. 189 c.p.p., soggiacente alle maglie larghe del controllo di ammissibilità generale delle prove sancito dall’art. 190 c.p.p.

In ogni caso, che siano riconducibili ai mezzi di prova tipici (documenti, consulenza tecnica, ricognizione di cose, luoghi o persone) ovvero a mezzi di prova atipici ex art. 189 c.p.p., le informazioni a carattere probatorio generate da sistemi di intelligenza artificiale restano, oggi, potenzialmente acquisibili al processo ed utilizzabili ai fini della decisione.

Tali non tranquillizzanti considerazioni non paiono superate dalla lettura dell’art. 14 del DDL governativo, per la ribadita assenza di regole precipue di esclusione probatoria e di criteri di giudizio che valgano a limitare l’impatto dei sistemi di intelligenza artificiale sul processo penale.

In buona sostanza, dall’approvazione del DDL in questione non deriverebbe alcun divieto e neppure alcun limite per la polizia giudiziaria ed il Pubblico Ministero nella fase delle indagini e per il Giudice nella fase del processo nell’utilizzo di informazioni a carattere probatorio acquisite dall’intelligenza artificiale, soggiacenti esclusivamente per la loro introduzione e valutazione alle regole ordinarie del codice di rito.

Emerge, allora, ancor più urgente la necessità di dotare l’ordinamento giuridico di una disciplina dettagliata dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale nell’intero arco del procedimento penale, ed ancor prima nell’attività di prevenzione e di cd. “polizia predittiva”, quest’ultima del tutto avulsa dalla formulazione generica dell’art. 14, implementando l’impianto normativo vigente con nuovi divieti probatori e criteri specifici di valutazione della prova in sede decisoria.

Diversamente, si corre il rischio concreto di voler escludere tutto, senza escludere nulla.

Roma, 6 maggio 2024

La Giunta UCPI

L’Osservatorio scienza, processo e intelligenza Artificiale

 

 

[1] in primis, dal Primo Presidente emerito della Suprema Corte di Cassazione Giovanni Canzio (si veda, sul punto, la sua audizione al Senato dello scorso 13.02.2024 davanti la Commissione Giustizia riunita per lindagine conoscitiva sulintelligenza artificiale)

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