26/04/2016
La Specializzazione forense è intatta

All’esito dei ricorsi al TAR promossi da O.U.A., A.N.F., A.N.A.I. e alcuni Ordini maggiori, l’impianto della specializzazione, come disegnato nel regolamento, resta intatto. 
L'accoglimento di soli due motivi dei vari ricorsi, a fronte del rigetto di ulteriori decine di motivi, non ha stravolto il testo della specializzazione forense, che è dunque rimasta pressoché intatta.
Il T.A.R. Lazio ha fatto dunque proprie le nostre istanze e quelle delle altre associazioni specialistiche. 
Dispiace che alcuni si siano dovuti rivolgere ad un tribunale per sentirsi dire che gli Avvocati, in quanto tutori dei diritti delle persone, devono essere competenti e specializzati.

Erano in molti a non volere la Specializzazione Forense, non la voleva l’O.U.A., non la voleva l’A.N.F., non la voleva l'A.N.A.I., né la volevano alcuni Ordini Forensi: meglio continuare a nuotare tutti nel magma indistinto dell'avvocatura generalista, piuttosto che consentire ai cittadini di conoscere, in piena trasparenza, cosa un avvocato sia o meno capace di fare.

A tal punto non la volevano, la Specializzazione Forense, da andare, da ultimo, a chiedere a un Giudice quale dovesse essere la nostra regolamentazione, piuttosto che affermare con orgoglio la propria appartenenza e capacità di autoregolamentazione.

Il risultato di questa iniziativa, seppure "pubblicizzato" da parte della stampa come uno “stop alle specializzazioni”, si è tradotto in una risibile vittoria sul piano giudiziario, e in un “boomerang” sul piano politico.

A costoro che lamentavano la stessa illegittimità costituzionale della Legge di Ordinamento Forense, il T.A.R. del Lazio ha dovuto ricordare, respingendo le questioni, quali siano le finalità della riforma forense, la quale "stante la specificità della funzione difensiva e in considerazione della primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela essa è preposta.......assicura l'idoneità professionale degli iscritti onde garantire la tutela dei diritti individuali e collettivi.....e tutela l'affidamento della collettività e della clientela", di talche' legge e regolamento, nel mirare "ad individuare fattispecie che siano espressione del possesso di effettivi requisiti di specializzazione dei difensori", appaiono perfettamente coerenti con tali finalità. E ha finanche dovuto sottolineare che "la disciplina dettata dalla legge e poi dal regolamento in materia di professione di avvocato attengono....a livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili", di talche' essa non può certo provenire da fonte normativa regionale, com'essi avrebbero, in maniera assai singolare, preteso.

Dispiace che alcuni Avvocati abbiano dovuto ricorrere al Giudice per avere ricordo della propria funzione e dignità.

Ne' miglior sorte hanno ricevuto le tante rivendicazioni di illegittimità e irragionevolezza del Regolamento.

Se ne censurava ogni singolo profilo:

- il doppio regime di acquisizione del titolo di Specialista;

- il regime di acquisizione del titolo in regime di comprovata esperienza: per il numero degli incarichi richiesti, per il rilievo dato alla quantità e qualità degli stessi, per il divieto di far valere affari che trattano questioni "analoghe", per la mancata previsione di un accesso specifico per avvocati ex magistrati e professori universitari (sic!), per la mancata previsione di un regime per gli avvocati collaboratori, per l'anzianità richiesta a preteso danno dei giovani, insomma per tutti quei profili che impongono competenza, professionalità e trasparenza; e per la previsione di un "colloquio" dinanzi al C.N.F. (sempre meglio evitare di sostenere esami.....)

- la ripartizione dei settori di specializzazione;

- il numero massimo di due specializzazioni conseguibili;

- la previsione di stringenti requisiti per il mantenimento del titolo, alla cui inosservanza consegua la revoca;

- la previsione di un illecito disciplinare per chi si fregia del titolo di Avvocato Specialista senza averlo conseguito in coerenza con Legge e Regolamento;

- la disparità di trattamento fra C.N.F., solo facoltizzato, ed Ordini, invece obbligati, a stipulare intese con le Associazioni Forensi Specialistiche;

- la norma transitoria che attribuisce rilievo ai corsi di specializzazione già effettuati nell'ultimo quinquennio in coerenza con il Regolamento.

Si è persino tentato di spostare dall'Avvocatura medesima alle Università il ruolo di formatore per eccellenza degli Avvocati Specialisti, quasi che un Avvocato Specialista si formi con la didattica piuttosto che con i maestri in aula.

La volontà era evidente: demolire l'intero impianto, impedire la Specializzazione Forense, precludere ai cittadini il diritto di conoscere "chi sa fare cosa" e di scegliere un professionista consapevolmente. Il tutto, per garantire interessi di corporazione a danno dei cittadini.

L'arma si è però rivelata spuntata.

Le due presunte vittorie conseguite sono infatti insignificanti e inconsistenti: inutile l'aver ottenuto l'annullamento della individuazione dei singoli settori, già la loro modifica era prevista e caldeggiata da tutta l'Avvocatura, anche da quella Specialistica, che l’avrebbe conseguita politicamente proprio secondo quei criteri che il T.A.R. del Lazio ha indicato, primo fra tutti avendo come “criterio di riferimento” le “competenze dei vari organi giurisdizionali esistenti nell’ordinamento”, come le nostre Associazioni da sempre sostengono; inutile l'aver eliminato il colloquio dinanzi al C.N.F. per chi accederà agli elenchi degli Avvocati Specialisti in regime di comprovata esperienza: una volta che sia stata data prova rigorosa dei requisiti di professionalità e specializzazione richiesti dal regolamento, il colloquio non solo non avrebbe aggiunto nulla, ma avrebbe onerato il C.N.F. di costi e farraginose procedure.

A fronte di questa asserita vittoria, sta invece una sonora sconfitta sul piano giudiziario e politico.

Ad eccezione delle due questioni citate, il Giudice Amministrativo ha respinto tutte le decine di censure mosse dalle Associazioni che hanno impugnato il Regolamento, con ciò confermando la piena legittimità e ragionevolezza della nuova disciplina, di Legge e di Regolamento. E le ha respinte non certo per motivi formali, quanto piuttosto con argomentazioni che richiamano gli Avvocati a un forte recupero di consapevolezza della propria dignità, e con essa dell'obbligo di competenza, trasparenza, correttezza e veridicità.

Quando si legge che l'assenza di valorizzazione della attività di ex magistrato o di professore universitario è assolutamente ragionevole e legittima perché la disciplina riguarda "il conseguimento del titolo di "avvocato" specialista" e non altro; o che l'assenza di valorizzazione della attività di collaborazione è ragionevole e legittima perché l'esperienza degli avvocati collaboratori "appare essenzialmente concentrata in attività di ricerca e studio teorico di questioni giuridiche, disgiunta dall'esercizio della professione complessivamente intesa"; o ancora che il limite massimo di due specializzazioni va collegato "alla funzione stessa del concetto di specializzazione, che, proprio perché deve fornire un'indicazione in ordine a competenze particolarmente approfondite, deve essere numericamente circoscritto"; ed ancora che il titolo di Avvocato Specialista "impone una verifica costante del mantenimento del livello di specializzazione" ed “è connotato da uno spiccato tratto di “attualità”, dovendo lo stesso fornire agli utenti una indicazione effettiva su una specifica e sussistente competenza dell’avvocato”; ebbene, quando si leggono simili affermazioni, non possiamo che esserne contenti e rivendicare con orgoglio la nostra “scommessa”: eravamo nel giusto, quelle affermazioni sono le nostre, sembrano letteralmente riprese dai nostri documenti di ormai un decennio; avevamo dunque ragione quando scrivevamo che era necessario e urgente un recupero di qualificazione e che lo strumento era la Specializzazione Forense.

Al contempo siamo colti però da un sentimento di profonda amarezza e sconforto. C'era davvero bisogno che un Giudice ricordasse agli Avvocati, su loro istanza, che devono essere preparati, competenti e trasparenti?! Che ricordasse loro che essi sono i garanti dei diritti civili?! C'era davvero bisogno di esporre gli Avvocati a una simile lezione?!

E il senso di amarezza si amplifica a dismisura quando si legge ciò che il T.A.R. del Lazio ricorda ai ricorrenti, rigettando il motivo che vorrebbe censurare la previsione di un illecito disciplinare per coloro che abusivamente si fregiano del titolo di Specialista: già era previsto, scrive il T.A.R.; vi siete forse dimenticati che il vostro Codice Deontologico vi impone di comportarvi "nei rapporti interpersonali, in modo tale da non compromettere la dignità della professione e l'affidamento dei terzi" e che la violazione di quest'obbligo costituisce già, oggi, illecito disciplinare? Si, qualcuno forse se ne era dimenticato. Gli Avvocati di A.G.I., A.I.A.F, U.C.P.I e U.N.C.A.T. no.

(a cura dell'Osservatorio sulla Specializzazione dell'U.C.P.I.)