29/11/2017
Specializzazioni: il punto dell'Osservatorio

Pubblichiamo un documento dell'Osservatorio sulla Specializzazione a seguito della sentenza n. 5575/2017 emessa ieri dal Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato, pronunciandosi con sentenza del 28 novembre scorso sui ricorsi depositati dal Ministero della giustizia avverso le quattro sentenze del T.A.R. Lazio in materia di specializzazione forense, ha finalmente posto la parola fine al profluvio di ricorsi e successivi appelli da più parti promossi avverso il Decreto Ministeriale 12 agosto 2015 n.144. Duole che siano dovuti passare oltre due anni dalla approvazione del Decreto , atteso che, come l’Osservatorio sulla Specializzazione UCPI ha avuto modo di denunciare già da tempo (Open Day di Rimini giugno 2016 – Documento e Video “La Giungla delle Specializzazioni”) abbiamo in questi anni dovuto assistere ad un proliferare incontrollato di auto-attribuzioni di titolo specialistici o pseudo specialistici, in primo luogo mediante promozioni via internet – privi di qualsivoglia garanzia di effettività ed in spregio alle norme del codice deontologico forense.

Oggi finalmente la pronuncia del Consiglio di Stato ci consente di mettere un punto fermo e di iniziare a dare attuazione alla normativa che l’Unione ha scritto, promosso, difeso con fermezza e con continuità.

Si tratta peraltro di un inizio che, alla luce della motivazione della sentenza, parte sotto buoni auspici. Il Consiglio di Stato ha infatti confermato le quattro pronunce del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, che avevano censurato esclusivamente due aspetti del regolamento (il riparto dei settori di specializzazione, con riferimento al settore civile, ed il colloquio dinanzi al Consiglio Nazionale Forense previsto quale condizione di riconoscimento del titolo in regime di comprovata esperienza), ritenendolo per il resto legittimo e ragionevole nel suo impianto, nella sua finalità e nei suoi contenuti. Ciò ci conforta atteso che i “grandi Ordini Forensi” avevano nuovamente messo in discussione, anche dinanzi al Consiglio di Stato mediante appello incidentale, ogni singolo aspetto della nuova normativa.

Va detto inoltre che, anche laddove il Consiglio di Stato ha confermato l'irragionevolezza dell'eccessiva frammentazione dei settori di specializzazione in ambito civilistico, sottolineando la ampiezza della sua dilatazione e per converso la mancata introduzione di differenziazione negli altri ambiti, ha peraltro a tale ultimo riguardo come sia il settore amministrativo e non certo il settore penale a conoscere “sotto-settori autonomi nella pratica”, con ciò consentendo al Ministero, laddove modificherà il riparto dei settori di specializzazione, di mantenere unica la materia penalistica.

Nè desta alcuna preoccupazione l'aver precisato, con riguardo al limite di due settori di specializzazione conseguibili,  che “la censura concernente il numero massimo di specializzazioni conseguibili è fondata non in sé, in quanto può essere opportuno frenare una “corsa alla specializzazione” che rischierebbe di svilire il valore della specializzazione stessa e di andare contro l’interesse del cliente- consumatore, ma alla luce della acclarata irragionevolezza della suddivisione relativa” ai settori di specializzazione. Di talchè “è evidente che rivisitazione dell’elenco e individuazione di un limite ragionevole e congruo dovranno andare di pari passo”.

Tali affermazioni - unitamente al rigetto degli appelli incidentali concernenti le modalità di conseguimento e la revoca del titolo, la pretesa disparità di trattamento fra avvocati e le gravi distorsioni nella concorrenza, la rivendicata penalizzazione dei professionisti giovani – confortano piuttosto la bontà della scelta del legislatore (voluta e promossa dall’Avvocatura Specialistica e Istituzionale) di introdurre la Specializzazione Forense e di normarla con requisiti tali da garantire massima qualificazione della prestazione professionale ed effettività nella scelta del difensore da parte del cittadino.

Quando alla ravvisata illegittimità della introduzione per regolamento ministeriale di una nuova fattispecie di illecito disciplinare, essa involge esclusivamente la modalità tecnica con la quale essa è stata introdotta, in quanto, a fronte di una riserva di  normativa deontologica in materia disciplinare, la nuova previsione rischierebbe di introdurre elementi di incertezza rispetto alle fattispecie già oggi previste (che il Consiglio di Stato ha individuato nella violazione dell’art. 65 o dell’art.35 od infine dell’art. 36 del Codice Deontologico). Occorrerà dunque che il Consiglio Nazionale Forense riveda il Codice Deontologico  in coerenza con la nuova normativa in materia di specializzazione forense.

In conclusione dunque l’Osservatorio sulla Specializzazione dell’Unione delle Camere Penali Italiane – pur sottolineando il pregiudizio derivante dal grave ritardo nella possibilità di attuazione della normativa e la necessità di far immediatamente fronte alle conseguenze della “deregolamentazione” scaturitane non può che esprimere un giudizio positivo sulla recente pronuncia del Consiglio di Stato, nell’auspicio che il Ministero voglia immediatamente rideterminare gli ambiti di specializzazione in maniera ragionevole ed aderente all’effettivo esercizio della professione forense, sì da consentire poi al Consiglio Nazionale Forense di procedere immediatamente con la normativa secondaria di attuazione.

Roma, 29 novembre 2017

L'Osservatorio sulla Specializzazione